Retrospective
Lost In Perception

2012, Progressive Promotion Records
Prog Metal

Recensione di Riccardo Coppola - Pubblicata in data: 28/02/13

Non si può certo dire che la storia della Polonia, in ambito metal, sia sempre stata all’insegna della delicatezza: parliamo pur sempre di un paese che ha dato i natali a gente mai andata tanto per il sottile come i Vader, dove un individuo brutto e cattivo come Nergal dei Behemot fa il giudice a X-Factor, dove vengono usate canzoni death addirittura negli spot elettorali. Si è quindi guardato con una certa sorpresa e tanta curiosità al nascere e all’evolversi di band, come i Riverside prima e gli Indukti poi, che con un progressive metal d’insolita compostezza sono riusciti a ottenere un discreto successo e ad accaparrarsi uno stuolo di sostenitori. Il tutto ha ovviamente spianato la strada a un gran numero di giovani realtà, che hanno contribuito a fare diventare quello del prog polacco un vero movimento, con caratteri ormai distinti e riconoscibilissimi.
 
Appartengono proprio a questa corrente i Retrospective, sestetto proveniente dalla piccola città di Lezno, arrivato, alla fine del 2012, alla pubblicazione del secondo album in studio, seguito del promettente ma ancora acerbo esordio “Stolen Thoughts”. Il gruppo, capitanato dal talentuoso leader Jakub Roszak, non stravolge di certo i connotati del filone in cui si inserisce, ma non si limita neanche a svolgere il compitino di sfruttare freddamente soluzioni già usate e abusate, proponendo un sound elegante e personale. Tolte le prime due tracce, le uniche che si avvicinano a sonorità metal, i pezzi sono guidati principalmente dalle tastiere e dalla chitarra acustica, su cui si inseriscono flebili e raffinati inserti di chitarre elettriche, che non assumono mai ruoli di primaria importanza, se non in qualche breve, discreto assolo. Roszak è dotato di un timbro profondo e vibrante, che richiama un po’ Peter Hammill (dei Van Der Graaf Generator), un po’ Eddie Vedder; al microfono si aggiunge spesso anche la delicata voce della tastierista Beata Lagoda, andando a formare ricercati duetti: davvero riuscito quello sulla splendida ballata “Lunch”, senza dubbio il miglior pezzo del lavoro.
 
Sono poco più di cinquanta minuti di musica di ottimo gusto, quelli che “Lost In Perception” offre. L’intera tracklist scorre via in maniera molto piacevole, i pezzi si susseguono in un continuum coeso e privo di significativi passi falsi. L’unico vero difetto dell’album, che può essere più o meno sopportabile a seconda dell'inflessibilità dell'ascoltatore, va individuato in una confidenza manifestamente scarsa dei membri della band con la lingua inglese, che porta a lyrics decisamente banali e a un accento e una pronuncia dei versi che in più di un’occasione fanno storcere il naso. A detta di chi scrive, comunque, niente di così grave da negare un ascolto a un disco molto valido, che ha buone probabilità di insediarsi per tanto tempo nella playlist di un appassionato del prog.





01. The End Of The Winter Lethargy

02. Huge Black Hole

03. Egoist

04. Lunch

05. Our Story Is Beginning Now

06. Tomorrow Will Change

07. Musical Land

08. Ocean Of A Little Thoughts

09. Swallow The Green Tones 

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