Labyrinth
Return To Live

2018, Frontiers Music
Power Metal

Recensione di Giovanni Ausoni - Pubblicata in data: 20/01/18

A meno di dodici mesi da "Architecture Of A God" (2017) tornano i Labyrinth con un disco registrato dal vivo al Live Club di Trezzo d'Adda, durante il Frontiers Metal Festival, il 30 ottobre 2016. Concerto che segnava il ritorno di Roberto Tiranti e la comparsa di una line-up rinnovata, con l'ingresso di Nick Mazzucconi al basso e John Macaluso alla batteria, oltre a Oleg Smirnoff, ex Vision Divine, alle tastiere. Tuttavia "Return To Live" non rappresenta un'esibizione qualunque, costituendo la riproposizione integrale dell'indiscusso capolavoro "Return To Heaven Denied" (1998), che ormai quattro lustri or sono contribuì in modo determinante all'esplosione della scena power italiana: un lavoro che ebbe il merito non solo di codificare alcuni stilemi del genere, ma altresì di esplorarne i confini, ponendosi all'opposto del pressoché coevo masterpiece dei Rhapsody, ovvero "Legendary Tales" (1997), legato maggiormente a un neoclassicismo epico e barocco.
 
 
Nonostante il buon debutto di "No Limits" (1996) con Fabio Lione alla voce, il gruppo toscano trovò un amalgama perfetto attraverso il reclutamento dello storico singer ligure proveniente dai New Trolls e l'arrivo di Mattia Stancioiu dietro le pelli, sostituto di quel Frank Andiver che comunque partecipò attivamente alle registrazioni di "Return To Heaven Denied"; le keys di Andrea De Paoli, le quattro corde di Cristiano Bertocchi e l'elegante potenza dei riff di Carlo Andrea Magnani e Andrea Cantarelli, a tutt'oggi membri dell'act, contribuirono alla creazione di un album rimasto insuperato nella stessa discografia dei nostri e che meritava un adeguato rito commemorativo on stage.
 
 
La scaletta viene rispettata con precisione: la celeberrima "Moonlight" si apre con un imponente preambolo sinfonico assente nell'incisione in studio, nondimeno appropriato per riscaldare un pubblico già in adorazione. Il rincorrersi dei fraseggi prima in acustico, poi in elettrico, il cannoneggiamento della doppia cassa, l'ugola del frontman per nulla scalfita dal trascorrere delle primavere finanche nei proverbiali acuti, il fenomenale chorus introdotto da un bridge di pari magnificenza plasmano un'atmosfera di anthemico coinvolgimento. "Moonlight shining in the sky / nothing more can stop the flight / Take my hand again / fly with me thousand million miles away": la folla in sollucchero accompagna l'amato refrain. Il falsetto di "New Horizons" marchia a fuoco un brano congegnato sì sulle medesime coordinate dell'opener, ma che tuttavia gode di una rilevante stratificazione compositiva, amplificata da continui cambi di tempo a velocità sostenute e da una conclusione nella quale la violenza dell'offensiva sonora si mescola alla grazia e alla pulizia dell'esecuzione. Se in "Night Of Dreams", titolo suggestivo che condensa le vibrazioni dello show, il ritmo cala per dare spazio a una raffinata melodia, "Lady Lost In Time", introdotta da delicate note di pianoforte che accompagnano la calda ugola del cantante genovese, procede serrata a colpi di pedale, con un guitar work che si esercita su scale a velocità siderali e un'unione da manuale di armonia e vigore.
 
 
La coppia "State Of Grace", canzone profetica in grado di regalare la perfetta istantanea della performance live del sestetto, ed "Heaven Denied", mette in evidenza la componente eufonica, soprattutto nel dialogo tra le chitarre, e l'accento posto sulle diverse declinazioni delle linee vocali. Si ritorna a pestare con "Thunder", traccia modellata sull'afflato speed delle prime due piste e contrassegnata da un'irresistibile costruzione strofa-ritornello da tramandare ai posteri e salmodiare a squarciagola; d'altro canto l'instrumental "Feel", cover di un pezzo trance, permette ai musicisti di ricaricare le batterie per la titanica "Time After Time", ricca di stop&go di classe sopraffina. La soave ballad "Feel" anticipa le evoluzioni power venate di progressive di "Die For Freedom", allungata a dismisura per permettere al leader i consueti saluti e ringraziamenti; chiude il lotto il fulmine impazzito "In The Shade", canzone  tratta dal platter d'esordio.
 
 
"Vent'anni sono passati ed è sempre un'emozione gigante": il commiato di una serata magica, attraverso le significative parole di Tiranti, a testimonianza della freschezza e della forza di un'opera entusiasmante e trans-generazionale. Un classico senza tempo per una band, i Labyrinth, che ha ancora molto da dire.




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