Red Hot Chili Peppers
The Getaway

2016, Warner Music
Alternative Rock

"Sono dei mostri, ma non si applicano".
Recensione di Francesco De Sandre - Pubblicata in data: 18/06/16

Fuga? Vacanza? Addio? Trasposizione stanca di "Give It Away"? I Red Hot Chili Peppers lo sanno: sanno di non poter far esplodere l'energia di quindici anni fa, sanno che il basso di Flea non può più stupire perché il mondo è ormai sazio di sorprese e lo stupore è ormai parte dell'ordinario, sanno che la chitarra visionaria di Frusciante è già un lontano ricordo. Nel melanconico corso di The Gateway, affrontano queste convinzioni in due modi paralleli e litigiosi.

 

Il primo, facendo finta che non sia cambiato niente rispetto agli anni di gloria ed eccessi, portando l'ascoltatore e parte della loro carriera ad un livello di mollezza mai sentito prima, in un disco dei RHCP. Klinghoffer viene visto come un elemento scomodo, da dover aggiungere a ogni costo, ritagliandogli backing vocals - che a volte mal si sposano col cantato sempre monocorde di Kiedis - e pennate sporadiche poco convincenti. Forse nemmeno lui stesso è troppo convinto. Sembra distante, come se il pur pregevole suono delle sue mani appartenga ad una dimensione differente da quella degli altri tre. Vi sono poi tentativi a cartoni animati di mettere in piedi un Funky del nuovo millennio che hanno esiti caricaturali, come l'improbabile "Go Robot" e la melensa e banale "Sick Love", con un Elton John - icona nel passato, inopportuno nell'attualità - che non riesce a rivelarsi in nessun modo un valore aggiunto.

 

Il secondo approccio pare invece la testimonianza di una band più matura e conscia delle proprie caratteristiche anagrafiche (al contrario di ciò che i video a torso nudo e tatuaggi vogliano suggerire) che sembra sapere di dover trovare soluzioni diverse rispetto al ruolo che loro stessi si sono conquistati. Nel main single "Dark Necessities" (sicuramente più valido della "Rain Maggie" di cinque anni fa), così come nelle tre canzoni in coda all'album, viene infatti estremizzata l'anima intimista, quasi mistica, che i RHCP hanno sempre avuto. Questa volta, essa è declinata in un Soul Pop geometrico e prevedibile che non spiazza e non induce a saltare - esattamente come il resto della tracklist - ma che è comunicativo, sentito, elegante, maestoso.

 

The Getaway è una falsa fuga. Rimane intrappolato tra questi estremi, con quella bambina in copertina - trofeo di un vero vincitore, l'illustratore Kevin Peterson che nelle ultime settimane ha preparato in grande stile l'ascesa all'Olimpo della visibilità - che potrebbe simboleggiare una band in decrescita, o la nascita di qualcosa di nuovo, da uno dei rock-act più grandi della storia. I RHCP non cambieranno mai: troppo radicate le fondamenta della propria fanbase per scuoterle con qualcosa di più di un ammiccamento, un suggerimento di stili di composizione diversi. "I'm With You" e adesso "The Getaway", nuove idee e barlumi d'originalità sperduti in mogi, schematici e noiosi compitini. Che con i bigliettini del passato nascosti in astucci di inattaccabilità portano al raggiungimento di una obiettiva sufficienza: "Sono dei mostri, ma non si applicano".





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