Richard Benson
L'Inferno Dei Vivi

2015, INRI
Metal

Vi dovete spaventare, perché quest'album contiene più spunti interessanti di quanti ne possiate mai immaginare.
Recensione di Andrea Mariano - Pubblicata in data: 24/06/15

Molti di voi staranno pensando: “Ora leggeremo l’elenco di assurdità che ha sparato nel corso degli anni tra emittenti televisive private e palchi improvvisati, le grida inneggianti i polli eccetera eccetera. Daje Richard, facce ride.”. Risposta sincera e sintetica: no.

Recensire “L’Inferno Dei Vivi”, il nuovo album di Richard Benson 16 anni dopo "Madre Tortura", è complicato, dannatamente complicato. Un inferno, appunto. Non è possibile parlarne in maniera esclusivamente tecnica, così come non è possibile, né rispettoso, parlarne in maniera frivola o troppo superficiale. Volete farvi due risate? Lo spazio, mentre l’album rotea vorticosamente nell’impianto stereo, c’è, e geniale fu scegliere “I Nani” come singolo anticipatore, con quella batteria palesemente elettronica e i suoni di chitarra sgraziati, il refrain che si pianta nel cervello anche grazie alla ridondante messa in onda su “Ciao Belli” di Radio DeeJay.

Eppure, qualcosa di ben studiato c’è. Anzi, c’è molto di ben studiato: la title track è evocativa ed inquietante, la già citata “I Nani” ha una struttura base post punk italiana anni ‘80 che ricorda i CCCP – ascoltare per credere –, “Sangue” ha una linea di basso che farebbe godere Gianni Maroccolo, oltre ad un arrangiamento davvero buono che ben si sposa con il testo allucinato, con piccola chicca autoreferenziale citando “Prima Del Veleno” (presunto brando scritto da Benson nei primi 2000); l’amore per l’horror di Federico Zampaglione costruisce una lugubre cattedrale d’inquietudine che sorregge le parole tra il pretenziosamente poetico ed il delirante di Richard in “Succhiavo Olio Di Croce”, “Malleus” coniuga l’orrorifico angosciante con echi dei Goblin, per non parlare di “De Profundis”, angoscia pura. Persino “Vi Dovete Spaventare”, zeppa di autocitazioni (il Cristo pinocchio, gli schifosi, gli ultimi), ha parti testuali riflessive, il tutto su base industrial. Il problema, o meglio, il fatto sconcertante è che tutto funziona, o quantomeno non crolla nel miseramente ridicolo.

Prendete queste parole seriamente: “L’Inferno Dei Vivi” è un’occasione presa al volo e sfruttata al meglio, coniugando il grottesco con le aspirazioni artistiche – reali, vere, pulsanti, forse ancora con un po’ di purezza – di Richard Philip Henry John Benson, un uomo che ha trovato un equilibrio traballante col personaggio costruitosi negli anni. Non parliamo di un disco che andrà ad incastonarsi negli annali della storia, questo è chiaro, ma guai ad etichettarlo come una sgangherata scemenza: produzione curata, testi che hanno momenti inaspettatamente profondi, assoli che faranno ridacchiare i più, ma, nel complesso, il loro essere sgraziati e cacofonici funziona – se non altro, sono (stati messi) a tempo.

Benson ha avuto la fortuna di trovare i fratelli Zampaglione per due motivi: gli hanno dato la possibilità realizzare con la INRI un album 16 anni dopo “Madre Tortura” e sono riusciti a metter insieme il personaggio Benson e l’artista provocatore molto sopra le righe. Sono lontanissimi i tempi del Buon Vecchio Charlie, ma è bello vedere che un equilibrio tra spettacolo e aspirazione artistica, seppur precario, seppur instabile, seppur sfumato di grottesco, c’è. E sorprende positivamente, a suo modo.




01. L'Inferno Dei Vivi
02. I Nani
03. Sangue
04. Succhiavo Olio Di Croce
05. Malleus Malleficarum
06. De Profundis
07. Vi Dovete Spaventare
08. Il Sale Di Satana

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