ADE
Rise Of The Empire

2019, Extreme Metal Music
Death Metal

Recensione di Giovanni Ausoni - Pubblicata in data: 08/11/19

Suonerebbe fuorviante e ingeneroso reputare gli ADE la risposta italiana ai Nile, non tanto per l'imparagonabile valore intrinseco della musica proposta, quanto per il prestigio che la band statunitense continua a suscitare nell'universo metal. Qualche considerazione in tal senso, però, va fatta: se, infatti, Karl Sanders e soci codificarono un death selvaggio e ipertecnico legato ad atmosfere e tematiche di stampo egittologico, il combo nostrano utilizza, sin dai propri albori, le medesime coordinate di genere per narrare gli episodi salienti dell'Antica Roma. Prima la rivolta di "Spartacus" (2013), un album che, non a caso, annoverava lo straordinario George Kollias dietro le pelli, poi le guerre puniche raccontate in "Carthago Delenda Est" (2016): anche senza ottenere i risultati di rilievo dei maestri, l'act capitolino si è comunque ritagliato uno spazio di curiosità e interesse, specialmente all'estero.

Il nuovo "Rise Of The Empire", con la line-up stravolta per quattro quinti, si discosta leggermente dai lavori passati, soprattutto in termini di velocità: Fabivs, unico superstite della formazione originale, conduce il gruppo in territori more brutal attraverso pezzi costruiti seguendo la logica del mid-tempo epico e marziale, con il distintivo e cospicuo tratto etnico sempre ben presente. Al resto pensa una produzione a dir poco bombastica ed effettata, forse eccessivamente  pomposa, eppure l'unica possibile al fine di dare forma e sostanza al tumultuoso periodo cesariano illustrato nel concept.

Già l'intro "Forge The Myth" restituisce un clima da peplum postmoderno che le trombe in apertura di "Empire" confermano appieno: qui, come nella successiva "The Gallic Hourglass", gli intrecci chitarristici e la batteria triggerata all'inverosimile ricordano da vicino i Behemoth di "Demigod", mentre il growl anfrattuoso di Diocletianvs non conosce segni di cedimento durante l'intero LP. Ogni piega del disco, as usual, vede la congrua partecipazione degli strumenti tradizionali (cetra, darbouka, oud) che conferiscono, soprattutto a brani quali "Gold Roots Of War", "Ptolemy Has Fall", The Blilthe Of Ignorance", quella corteccia mediorientale magari non troppo originale, ma che si rivela essenziale nell'economia folkish dell'opera.

Peccato che le canzoni, oltre a differenziarsi poco l'una dall'altra, non brillino per dinamicità e variazioni di cadenza, soffrendo di un monolitismo a tratti stucchevole. Ciò non toglie che "Rise Of The Empire" riesca a saziare adeguatamente la fame di violenza e battaglie insita in ciascun appassionato dell'estremo (e della Storia). ADE compresi.




01. Forge The Myth
02. Empire
03. The Gallic Hourglass
04. Chains Of Alesia
05. Once The Die Is Cast
06. Gold Roots Of War
07. Ptolemy Has To Fall
08. Suppress The Riot
09. Veni Vidi Vici
10. The Blithe Ignorance
11. Imperator

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