Dopo "Possessor" (2018) e "Valediction" (2019), due album - soprattutto il primo - che avevano mostrato come synthwave e black metal potessero dialogare senza troppi problemi, il solo project GosT aggiunge un'ulteriore tacca al proprio particolare percorso di sintesi tra gli opposti con il nuovo "Rites Of Love And Reverence", platter che, concettualmente, ruota attorno alla tematica della stregoneria. Dal punto di vista prettamente musicale, il mastermind James Lollar preferisce declinare l'oscurità attraverso una serie di riferimenti all'universo dark degli anni '80 invece di saturare i pezzi di martellanti blast beat elettronici e urla demoniache: una strategia artistica condivisa, per certi versi, con gli ultimi Perturbator, il cui recente lavoro, "Lustful Sacraments", procede esattamente nella direzione della riscoperta e della rielaborazione astratta di un materiale tanto antico quanto ancora vivo e attuale.
Malgrado la one man band texana non smetta di andarci giù pesante, l'atmosfera mellifluamente vampiresca da goth club 3.0 regna sovrana anche nelle tracce dal taglio più estremo: il nichilismo industrial di "Bound By The Horror", la pugnalata cyberpunk di "November Is Death", l'incedere meccanico di "Coven", infatti, vengono smussati da ritmi dance e vapori soul, oltre che da atmosfere che richiamano i mai dimenticati Type O Negative. Una moltitudine di luci stroboscopiche e vagamente inquietanti animano il resto del lotto, da una "Fear" che corrobora di bevande energetiche i Depeche Mode di "Black Celebration" al romanticismo gotico e propulsivo di "A Fleeting Whisper", brano che i The Sisters Of Mercy amerebbero ancora oggi alla follia.
Dal canto suo, "Embrace The Blade" gioca al rallentatore con il furore apocalittico dei Killing Joke, prima di innestare il turbo su palpiti dub, mentre "We Are The Crypt" e "Blessed Be" favoriscono un ancheggiare sinistro e melodrammatico, con l'ombra dei Fields Of The Nephilim acquattata nelle retrovie. La voce di Lollar, un po' Andrew Eldritch, un po' Peter Steele, maramaldeggia incontrastata e sorniona, toccando vette di occulta seduzione nella spettrale ballad finale "Burning Thyme", un esercizio di sperimentazione rarefatto e obliquo.
"Rites Of Love And Reverence" rappresenta sinora il disco migliore dei GosT, cupo e allo stesso tempo ballabile, dotato di colori disparati e di una visionarietà a tratti da trip lisergico. Incisivo, indubbiamente.