Riverside
Love, Fear And The Time Machine

2015, InsideOut
Alternative Rock

Una romantica istantanea del passato e del futuro dell'alternative prog.
Recensione di Riccardo Coppola - Pubblicata in data: 04/09/15

Love...

È un'aurora di dolcissime tastiere quella che apre "Love, Fear and the Time Machine". Un'immersione in un universo di tinte tenui, guidati dalle prime, dolcissime e invitanti parole affidate al morbido timbro di Mariusz Duda.
 
"Come, follow me, we'll go down. Where the river flows": il sesto lavoro in studio dei Riverside è un concept album atipico, una storia che procede in una timeline sghemba attraverso tortuosi percorsi emotivi. Un racconto che narra di un percorso conoscitivo, di una liberazione, di una scoperta, di una rinascita. E così il quartetto di Varsavia si affaccia all'alba, alla luce, esce fuori da quel guscio di stanca malinconia che sempre ne aveva contraddistinto le sonorità. 

Come nel caso del precedente "Shrine Of New Generation Slaves", di cui il presente album costituisce un'opera assolutamente complementare, quasi un negativo, è un climax ascendente ad aprire "Love, Fear and The Time Machine": il punto più alto di "Lost" non coincide però con esplosioni di riff hard-rock, ma abbraccia sfarfallii di organetti e virtuosistiche lascivie vocali, trovando compimento nelle tenerezze wilsoniane e nelle delicatezze del conclusivo lento "Found". Una metamorfosi di cui si fa emblema "Discard Your Fear", non a caso primo singolo estratto, in cui un riff di penetrante basso (da sempre trademark della band la complessità delle linee alle quattro corde) e una tesa strofa finiscono per sciogliersi in un ritornello etereo e rilassato, in un accattivante, ruffiano, inaspettato prog pop. 

...Fear...

Non che, come alcuni potrebbero temere, i Riverside abbiano dimenticato la rinfrancante piacevolezza dello sfrigolare delle distorsioni, l'indispensabile risolutezza del power chord, il perverso fascino del tempo dispari. "Love, Fear and the Time Machine" non è assolutamente un album progressive nel senso più storicisticamente ortodosso del termine; ma lo è indubbiamente per la sua dimestichezza nel fondere linguaggi diversi e all'apparenza antitetici in uno nuovo, personale, non più liquidabile come semplice estensione e derivazione di una precedente corrente storica: "Saturate Me", tra le sue eccentricità liriche ("iCrowd patterns - Beliefs - Guided trips - Search for hints - Copy/paste - Brain turned off"), intercala sciabordate metal fra complicati giri di chitarra (ricordate "Fish" degli Yes?) e pulsazioni di pura elettronica, su cui la voce di Duda lancia messianicamente i suoi anatemi contro la modernità. E anche la splendida "Towards The Blue Horizon", malinconica ode alla gioventù perduta e alle amicizie lontane, si nasconde dietro una muraglia di chitarre prima di riemergere in un acustico sogno ad occhi aperti, che condivide con la successiva "Time Travellers", una gemma di cantautorato acustico, l'emotività e l'essenzialità delle strumentazioni. 

Non che i Riverside, in fondo, abbiano dimenticato del tutto il buio, la solitudine: la condensano in un'atipica ballata di basso e voce, "Afloat", posta simbolicamente al centro dell'album. Statica desolazione e nero rammarico, prima della librazione verso il salvifico riscatto delle battute conclusive.

...and the Time Machine.

L'ultima opera dei Riverside è, in fondo, anche una summa di tutto ciò che i polacchi sono stati in cinque album che li aveva visti in continua evoluzione, seppur priva di punti di rottura di questa portata: è un album capace di incorporare i punti di forza di un'intera discografia. "Anno Domini High Definition" risuona nella produzione ipercompressa che accende la wave ottantiana di "Addicted"; la trilogia "Reality Dream" risuona nelle note conclusive di "Under The Pillow", dopo che inaspettate asincronie ne hanno rotto la linearità da britpop dei versi.

"Love, Fear and the Time Machine" è un'opera fruibile da chiunque ma soddisfacente anche per palati finissimi, perfetta per nuovi adepti ma godibilmente spiazzante anche per aficionados storici della band. Un aggraziato mosaico del meglio che prog e alternative rock hanno saputo dare nei decenni passati. Ma forse anche un'istantanea dal futuro dei generi

"One day just you and I will find the bridge, to the neverland."




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