Satyricon
Nemesis Divina (Re-issue)

2016, Napalm Records
Black Metal

Lo sguardo mite e azzurro accarezza la notte. Il vento si alza, l'accenno di un sorriso smuove appena la barba; è buio quanto basta per ritrovarsi fra gli spicchi di luce dei lampioni.
Recensione di Marco Migliorelli - Pubblicata in data: 10/05/16


 

Parliamo di Nemesis Divina, terzo album dei norvegesi Satyricon. Il tempo corre al 1996, copre vent'anni nel giro di poche parole. " Eder har malt kors paa hammer". Ossia, "You have painted the cross on the hammer".
Se sei d'accordo,dico, questa è una chiave di lettura di tutto l'album. Parliamo di una opposizione storica al cristianesimo, non di vero satanismo. Il satanismo è una forma di adesione implicita al cristianesimo basata sul rifiuto della maestà di Dio. A dirlo è così ovvio, eppure è un errore comune...

 

L'uomo fa una pausa e annuisce. Di tutti i dischi black metal usciti in questi due decenni, la maggioranza è anticristiana ma non satanista. Ed è vero anche se poi, sul piano delle immagini, si sarebbe portati a ritenere il contrario. E così parlammo. Se infatti si scava fra le parole di quello che è uno dei dischi più apprezzati, del leggendario duo di adoni del face painting Satyr e Frost (qui ascesi a trinità con Kveldulv, meglio noto come Nocturno Culto...), non si troveranno stereotipi, non essendoci, in quel tempo, nulla da ricalcare o riprodurre in forma di vuoti atteggiamenti e trucchi di scena, nè veri e propri inni al Maligno, i cui riferimenti, qualora presenti, esprimono semmai un atteggiamento ironico che mai pone in forse il rifiuto in blocco (bene e male), di un credo imposto con la forza, ai culti e ai miti originari della propria terra d'origine: la mai troppo celebrata "Mother Earth", canzone che è specchio ed icona dell'intero disco.

 

"Mother north - how can they sleep while their beds are burning ?
Mother north - your fields are bleeding

Memories... The invisible wounds
pictures that enshrine your throne (gone?)"

 

Vetta e ispirazione di tanta musica successiva, "Mother North" è in quel novero di brani seminali la cui presenza, spesso, determina non solo la longevità, nel tempo, di un intero disco ma anche la sua freschezza sul piano musicale. L'afflato epico-drammatico del brano, rappresentato dai semplici cori di sfondo, è spazzato continuamente da raffiche di batteria, mentre le chitarre sferzano come lapilli di pioggia. L'uomo dallo sguardo mite e remoto prosegue: Il black metal nasce come elemento di reazione alla borghesia del tecnicismo, rappresentata dal death.

 

Bene. Napalm Records licenzia una ristampa in svariati formati "deluxe" di Nemesis Divina. La nota inquietante è il riferimento al re-mastering curato da Satyr in persona.
Chi tradirebbe il proprio figlio?
Non assisteremo all'algida chirurgia del bisturi tecnologico che separa gli strumenti al loro impasto primordiale. L'approccio alla musica (di Satyr e quindi di questa reissue), così come deve essere, resta "rituale", punta alla tensione emotiva: che siano le note marziali di "Dum Hater Gud" (facile sentirci quei "giovinotti" dei Manegarm, nota persona, ciascuno potrebbe aggiungere la sua in un ciclo sterminato di rimandi lungo anni di ascolti), o i passaggi articolati della sinuosa e irriverente "Immortality passion".

 

Nemesis Divina nel 2016 suona prima di tutto fedele al suo parto originale. Nulla è perduto dell'algore straziante, remoto e caldo insieme, della voce di Satyr in "Mother North". Nè i passaggi più tenui, acustici di "The Dawn of a new age", suoneranno limpidi come corde di chitarra flamenco! Perchè allora questa ristampa con remastering annesso? Una celebrazione, nel ventennale del disco, ad opera di una label importante, punto di riferimento per tanti gruppi, anche famosi oggi, che molto devono a chi apriva una pista nel bianco nevoso della Scandinavia in quegli anni. Ed un esperimento interessante se condotto con rispetto per quella ritualità essenziale.

 

Sul piano musicale, Nemesis Divina non risente di uno solo degli anni trascorsi. Il suo aspetto più "oceanico", (inteso come potere di ispirare), si manifesta sul piano musicale. Il black metal esprime la suggestiva contraddizione di un genere che nella suo essere elementare e schematico (l'ormai consolidata visione "stereotipo" cara a sguardi esterni e/o disinteressati), si è saputo reincarnare, mutevole, in sempre nuove sperimentazioni: sia dal punto di vista musicale (le prime forme di avantgarde), che da quello tematico e concettuale (dal viking al cascadian black metal di questi ultimi anni), raggiungendo punti di totale trasfigurazione. Il remastering di Satyr è allora la riaffermazione "alchemica" di un modo di suonare e comporre rigorosamente non cristallino che ancor oggi ispira e infonde vita a tanta musica. Eppure parrebbe quasi uno scherzo. Sì, da celebrazione a scherzo! Uno scherzo giocato al tempo, senza morte e resurrezione, e ben oltre le astringenti visioni sulfuree.

 

A chi è rivolta questa ristampa? Domanda a risposta aperta. L'occasione è fin troppo scontatamente buona per chi non ha ancora il disco. Nulla invece si aggiunge per chi l'album lo ha consumato già da anni: perchè suo il tempo, sue le considerazioni più profonde e la conoscenza del genere, egli non ha bisogno di prove materiali a quanto già conosce.

 

Restano i collezionisti, i cultori e chi ha voglia di spendere un obolo per manifestare ai Satyricon la propria devozione; una occasione per indulgere su alcune perplessità riguardanti i loro dischi successivi (de gustibus...). (Lo sguardo mite e azzurro si confonde lì dove finiscono i nostri passi, più a nord della mia stessa ombra) Per molti (forse anche per lui), l'uscita di questa ristampa sarà semplicemente un pretesto per rimettere sul piatto o nel lettore la propria vecchia copia. Ed anche questo è un bel successo.





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