Mettiamo subito le cose in chiaro: questo album non è brutto. Non è nemmeno bello. Non è carne, non è pesce e non è nemmeno una frittata. "Let Me Leave" è una strana commistione di sound diversi che stranamente insieme stanno bene, ma che in teoria non avrebbero nulla a che vedere uno con l'altro.
Il saper far convivere sound così disparati è già di per sè un grosso punto a favore per la band, ma fa sorgere qualche dubbio su quel che avviene a monte, nel momento del songwritings. Nella fattispecie, la band conta sei persone, non sappiamo chi nello specifico scriva le canzoni, se sia lo sforzo di uno o due componenti o collettivo, ma anche senza saperlo e solo basandosi sull'ascolto di "Let Me In" si ha l'impressione che ci siano molte più persone dietro la nascita dei brani in tracklist e che ognuna di esse voglia, quasi a forza, inserire la propria impronta personale. Il fatto che riescano a far funzionare tutto è un mezzo miracolo, questo è poco ma sicuro.
La questione principale è che non si capisce esattamente dove vogliano andare a parare. Vogliono fare metalcore? Non sembra. Post? Qualche elemento c'è, ma non abbastanza da definirli post-qualsiasi cosa. Shoegaze? Idem come sopra. Symphonic? Non basta aggiungere di tanto in tanto un synth con quartetto d'archi per essere definiti tali. Melodic metal? Già meglio, ma è una definizione talmente ampia che abbraccia migliaia di band con stili e approcci completamente diversi uno dall'altro.
Detto ciò, possiamo dire che per quanto un po' confusionario, "Let Me Leave" è un prodotto discreto, senza infamia ma anche senza lode, che scorre via tranquillo e si fa ascoltare. Non è un capolavoro, non apporta nessuna novità a nessuno degli stili presentati, non rivoluzionerà mai il panorama odierno della musica, però si ascolta, e si può anche apprezzare, se si è dell'umore adatto. Certo manca di personalità. O forse soffre di personalità multiple, che in musica è come dire che manca di personalità.