Quello dei Krisiun è sempre stato un death metal vecchia scuola, truculento, viscerale, sottolineato dalla produzione targata Stage One Studio, cruda, asciutta, priva di fronzoli, che si dà un contegno solo per non impastare un suono che, con i veloci e ignorantissimi riff di uno dei due fratelli Kolesne in formazione (Moyses, per la precisione), si sarebbe avvicinato pericolosamente alla bolgia infernale evocata dalla blasfema attitudine del trio, che con titoli come "Slay The Prophet" non le manda di certo a dire. “Scourge of the Enthroned” non lascia tregua: i momenti in cui i BPM scendono sotto la soglia d'emergenza si contano sulle dita di una mano, illudendo l'ascoltatore di avere almeno un attimo di respiro, salvo poi smentirsi qualche riff dopo, come nella conclusiva “Whirlwind of Immortality”, un sigillo demoniaco su un album brutale e senza compromessi. In “Demonic III” c'è anche spazio per un'auto-citazione (a Black Force Domain), non che i Krisiun ne abbiano bisogno, in realtà: la loro concezione di death metal, unita al loro riffing, è ormai un marchio di fabbrica.
Tolte le imprecisioni di natura puramente tecnica, a questo disco manca solo un po' di varietà, con una lieve sensazione di déjà vu che si respira lungo le 8 canzoni che lo compongono, inevitabile in un assalto sonoro del genere. Manca anche quel guizzo compositivo realmente geniale, ma è talmente veloce, onesto e incontrollato da riuscire a scalfire anche i preconcetti dei fan del genere che non hanno mai particolarmente apprezzato i tre brasiliani. I fan possono invece tirare un sospiro di sollievo: i Krisiun sono tornati, più cattivi e violenti che mai.