Caso di studio interessante, quello offerto dai Seether: attivi ormai da una quindicina d'anni abbondante, i baldi non-più-tanto-giovani capitanati da Shaun Morgan si sono fatti elogiare -ogni tanto- e subissare di critiche -più spesso- per una sequenza di album dotati ciascuno di un paio di hit ma mai del tutto entusiasmanti, riuscendo tuttavia a sedersi sul trono idealmente spettante alla più rinomata band della numerosa corrente post-grunge (mentre tanti altri compagni di merende dei primi 2000 cadevano come mosche), e a tenersi saldamente il secondo posto (dietro alle vuvuzelas) come più riconoscibile esportazione sudafricana nel mondo della musica.
Malpensanti potrebbero suggerire che il merito di tanta notorietà andrebbe tributato alla capacità di puntare alle vette della Billboard 200 con i mezzi testati più e più volte in precedenza da esperti quali i Nickleback o i Puddle Of Mudd, o ai riflettori accesi dalla love-story (finita non proprio in cordiale amicizia) del frontman con la celeberrima Amy Lee, o ancora all'abilità sempre di Morgan nel plasmare (con risultati incredibili) la propria vocalità su quella di Kurt Cobain o di Eddie Vedder, a seconda dei casi. A silenziare momentaneamente le diffidenze, nel 2009, arrivava però un capolavoro acustico, "One Cold Night", a mostrare che la band pareva davvero avere la capacità d'emozionare, d'incantare, avvolgendo scarni arpeggi in drappi di sofferenti vocals, riempiendo di vita anche brani che su disco parevano non trascendentali quando non apertamente inutili.
Ma neppure "Isolate And Medicate" riesce a invertire la rotta dei precedenti studio album, offrendo la solita pedissequa riproposizione di idee già tremendamente vecchie. La classica manciata di buoni spunti, per carità, c'è sempre: il singolo apripista "Words As Weapons", il suo pre-ritornello ululato e l'ottimo cantato di Morgan che alterna abilmente fasi morbide e altre godibilmente strozzate (su un discreto pestaggio alla batteria, peraltro); la buona mescolanza tra acustiche e synth e il buon crescendo del conclusivo lento "Save Today"; il contemplativo cantato -in perfetto stile Chad Kroeger, è vero- delle strofe del solido rock anthem "Nobody Praying For Me". Peccato che il resto del disco faccia pensare, per l'ennesima volta, di avere tra le mani una ripubblicazione del buon esordio "Disclaimer" con un paio di inediti bonus: è esercizio fin troppo facile riscontrare la quasi totale sovrapponibilità tra brani nuovi ed equivalenti tracce del passato (il pezzo arrabbiato-urlato che una volta si chiamava "Diseased" e oggi si chiama "Suffer It All", la ballatona ottimistica che una volta era "Rise Above This" e adesso è "Crash"), o rendersi conto che -a parte l'introduzione di un po' di mai sentito delay- le chitarre perseverano nel suonare sempre gli stessi quattro accordi, e che i testi continuano a parlare di relazioni insoddisfacenti rispolverando più e più volte il solito fantasioso armamentario di metafore su proiettili e pistole.
In fondo, coi Seether, è giunto forse il momento di perderci un po' la speranza; di "Isolate And Medicate", che è il disco più breve (non arriva nemmeno ai 40 minuti) della carriera dei sudafricani ma al tempo stesso, emblematicamente, quello che annoia più rapidamente, si finirà per tralasciare un buon 80% e resteranno impresse poche, pochissime cose: tra queste, il memorandum che non bastano un paio di gustosissimi supplementi per togliere il retrogusto di muffa da una minestra riscaldata ormai cinque volte.