Sia
1000 Forms Of Fear

2014, Monkey Puzzle
Pop

Recensione di Nicolò Rizzo - Pubblicata in data: 04/11/14

Quante volte, scorgendo la stelletta pop del momento mentre dondola nuda su una palla demolitrice, vi è scappato di dire “Sì, la canzone è la solita robaccia, però senti che voce!”? Avanti, quante volte? Poche? Tante? In ogni caso troppe. Perché sì, va bene che spesso sono canzoni senza pretesa, va bene che il più del lavoro è fatto da produttori che pensano solo a portare a casa una signora pagnotta, va bene che l'interesse primario non è la qualità ma la quantità (e si parla sempre di pagnotte), ma vedere il proprio televisore invaso da macchiette che di buono hanno solo la voce (e altri particolari da #fapchallenge) non può che lasciarti addosso un senso di immane frustrazione.


Per fortuna, come non sempre è oro quel che luccica, non tutto quello che compare su Mtv è robaccia (incredibile vero?). Sto parlando di Sia, la cantante australiana che è tornata sulle scene con il suo nuovo album “1000 Forms Of Fear”. Che cos'ha di diverso Sia? Innanzitutto, sebbene al grande pubblico (soprattutto italiano) sia nota soprattutto come la voce di “Titanium” di David Guetta (che ormai anche i sordi sanno fischiettare), non dovete dimenticare che Miss Furler ha un fior fior di curriculum, in cui, oltre ai precedenti cinque album solisti, non si può trascurare la presenza nei Zero 7, il cui trip-hop è arrivato, anche indirettamente, alle orecchie di tutti (ascoltatevi “Destiny”, poi fatemi sapere). Un passato pesante, colto e vario, che viene a galla da ogni nota di quest'ultimo disco. Dopo l'apertura di “Chandelier”, che rappresenta forse una delle sue migliori prove vocali all'interno dell'album, “1000 Forms of Fear” si divide in innumerevoli sfaccettature sempre più ricercate, senza tuttavia perdere il suo potenziale radiofonico, che emerge in ritornelli azzeccati e mai ripetitivi, ciascuno con una specifica ragion d'essere. Sebbene a predominare sia un pop lento, minimal e dalle atmosfere malinconiche (vedi “Big Girls Cry” e “Eye of The Needle”), non mancano episodi più solari come “Burn The Pages”, dove la componente elettronica raggiunge il suo apice, e la greasiana “Hostage”, dove la chitarra elettrica fa finalmente la sua comparsa con una ritmica d'altri tempi.
Insomma, “1000 Forms of Fear” ha tutte le caratteristiche che un buon pop deve avere per essere definito tale: melodie orecchiabili, ritornelli canticchiabili, delle gran belle basi e una qualità innegabile.


So che adesso salteranno fuori i soliti fissati a dire quella fatidica frase, quindi vi anticipo io: sì, è un disco commerciale. Ma vi faccio una domanda: ha ancora senso la definizione di “commerciale nel 2014? Avanti, siate seri: tutti, nessuno escluso, pensano a portare a casa la pagnotta. L'unica differenza sta nel farlo con dignità. Ed è quello che sta facendo Sia.





1. Chandelier
2. Big Girls Cry
3. Burn The Pages
4. Eye Of The Needle
5. Hostage
6. Straight for the knife
7. Fair game
8. Elastic Heart
9. Free The Animal
10. Fire Meet Gasoline
11. Cellophane
12. Dressed in Black

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