C'è sulla copertina un buffo gorilla di plastica, potrebbe non significare nulla, ma forse ci dice qualcosa: il side project di Federico Silvi (Jackie-O's Farm, Radiotower) è nato, probabilmente, un po' per gioco un po' per divertimento esplorativo.
Troviamo nelle dieci canzoni contenute nell'omonimo "Silvereight" materiali di origine eterogenea accomunati dal dialogo fra chitarra (primo strumento del Nostro) e comparto elettronico. Nella maggioranza dei casi gli umori saranno positivi e non di rado con accenti stravaganti come nel boogie blues di "Shit", dotato rutto-gran-finale (salute). Il miglior momento però fa parte delle eccezioni "serie": si tratta della conclusiva "Yes I Know, Peace And Love Are Only Words In This World, Ocean Eyes Give Me A Sign", che ricorda un po' i lavori dei primi Spiritualized; una serie cullante di cori pian piano arricchiti da una frase di chitarra densa di malinconia. Come un percorso guidato fra le passioni dell'autore l'album attraversa sia acustiche cantate folk ("The Reame, The River", "Box") sia pop sintetico dal taglio eccentrico alla Bluvertigo ("Stop", "Restless", "The World Is Broken In Two").
In ciascuno degli stili con cui i Silvereight si cimentano riescono a dare l'idea di un lavoro compiuto solo in parte: la quasi totalità del lavoro sembra composto più per il gusto di assemblare suoni diversi, divagare, in un contesto fine a se stesso. Il lato più interessante è quindi più nella mescola di strumenti che Silvi crea di volta in volta più che il senso complessivo di ogni singolo pezzo. Al computo finale si salva troppo poco.