Slaves Of Love And Bones
Real Fake Music [EP]

2015, I Make Records
Pop Rock

Recensione di SpazioRock - Pubblicata in data: 30/11/15

Articolo a cura di Cristiano Latini. 

 

Iniziare a considerare l'elettronica ed il "sintetizzatore" come elementi compositivi in grado di regalare una reale espressività al proprio lavoro, è senza dubbio un passo che una band di stampo più meramente "strumentale" può vivere con un approccio titubante e non sempre vincente.

 

Decidere di implementare all'interno della propria gamma sonora timbriche sintetiche e in qualche modo distanti dal concetto più radicato e tradizionale di "strumento musicale", è un argomento delicato, che incanta e spaventa, affascina e preoccupa moltissimi dei gruppi che si trovino di fronte alla tentazione di una svolta compositiva di questa tipologia.

 

Potrebbe avere le sembianze di una riflessione ambientata nella prima metà degli anni '80, eppure tutt'oggi moltissime delle formazioni nostrane, cavalcando una scena musicale oltremodo satura di dietrologie e purismi di anacronistica memoria, sembrano ancora vivere l'ingresso della musica elettronica nei propri lavori come un passo ardito e dalle connotazioni blasfeme.

 

Se in qualche modo synth, campionatori e drum-machine sono ormai "oggetti" sdoganati alle orecchie ed alla mentalità del musicista e dell'ascoltatore più attenti ed aperti, moltissime realtà soffrono ancora pesantemente il "grande passo" costituito dal cedere al lato oscuro degli oscillatori controllati in voltaggio.

 

Non è il caso, evidentemente, degli Slave of Love and Bones, formazione che con il nuovissimo lavoro "Real Fake Music" sembra abbracciare con grande ambizione e coraggio l'universo elettronico, immergendo la pressochè totale essenza di questo lavoro nelle "fredde" atmosfere dei circuiti e dei filtri risonanti.

 

Il titolo stesso della release ironizza e sottolinea una scelta vissuta evidentemente come "radicale" e immaginata come di non facile assimilazione da parte del pubblico così come di una (auto)critica, forse, di fin troppo strette vedute.

 

Quello che appare evidente fin dal primo ascolto dell'EP, però, non è affatto una mancanza di credibilità per questo neonato amore nei confronti dei sintetizzatori, che anzi risulta più maturo e coerente di quanto sulla carta non si potrebbe immaginare da una band che si butti in questo mondo per la prima volta.

 

Suoni ed arrangiamenti racchiudono una ricerca ed una realizzazione tutt'altro che banali, perfettamente inseriti nel contesto sonoro che i SOLAB decidono di intraprendere in questo lavoro freschissimo di uscita.

 

Non è quindi l'elettronica il punto debole di Real Fake Music e nemmeno la sua realizzazione tecnica, quanto piuttosto il suo apparire come un prodotto costruito nel tentativo di dimostrare qualcosa piuttosto che frutto di una reale urgenza espressiva della band.

 

A pesare su tutto l'ascolto del disco come un macigno di difficile digestione, è la sudditanza psicologica ad un ascolto compulsivo dei Nine Inch Nails (e di Trent Reznor in generale oltre che di molte altre cose), che non riesce a sfociare in un'estetica anche solo vagamente personale ed efficace, risultando piuttosto un simulacro tutt'altro che lontanamente all'altezza della sua matrice.

 

Accanto a scelte timbriche accattivanti ed arrangiamenti a tratti stuzzicanti, infatti, quello che sembra un tentativo di ammorbidire la ricetta in favore di un consenso più ampio, smonta le proprie eventuali impennate stilistiche in qualcosa che non riesce a superare la soglia dell'attenzione meramente tecnico-sonora.

 

Real Fake Music sembra un lavoro scritto a tavolino nel tentativo di creare una ricetta tanto interessante quanto vincente ma che in realtà risulta vuota di spessore e di senazioni più viscerali ed emozionali, dissolvendo la propria sostanza in un prodotto dalle grandi potenzialità ma di fatto insipido, per certi versi accattivante ma di fatto tremendamente poco gustoso.

 

Nota decisamente negativa, inoltre, è senza dubbio la voce narrante, caratterizzata da una pronuncia inglese molto poco convincente, da una cura sonora poco adeguata al resto del lavoro, ma soprattutto dall'inseguimento di un Brian Molko che non riesce ad eguagliare nè per capacità nè tantomeno per efficacia ed impatto.

 

Nel suo essere per scelta la quasi protagonista assoluta del lavoro, la voce finisce per risultare poco calzante nonchè talvolta un elemento di disturbo anzichè quel valore aggiunto di cui i brani necessiterebbero disperatamente.

 

Al netto delle intenzioni di matrice più "pop-rock", Real Fake Music avrebbe potuto suonare come un riuscitissimo lavoro strumentale di colonna sonora, ma ambendo ad un contesto profondamente diverso, non riesce a fornire alcun elemento in grado di renderlo un prodotto completo o capace di conquistare l'ascolto.

 

Una volta sperimentata con buona riuscita questa nuova dimensione sonora ed aver costruito un contenitore adeguato alla propria musica, ai SOLAB manca ancora di raggiungere la quadratura del cerchio e di trovare il contenuto su cui sfruttarla. Real Fake Music è come un libro dalla bellissima copertina e dall'impeccabile rilegatura, ma dentro il quale non sia stata stampata neanche una parola degna di nota.

 

L'augurio è che questo EP possa dopo tutto risultare come una crisalide che deve ancora sbocciare e trasformarsi, così come un gradino fra ciò che è stato e ciò che sarà il futuro di questa formazione piuttosto che il punto di arrivo della propria carriera. Punto di arrivo su cui la band dovrebbe ora concentrare tutte le proprie promettenti energie.





01. Everyday (Rearranged From Buddy Holly)
02. Answers
03. Show
04. A Final Solution
05. Inside
06. The Endless And Beautiful Forms
07. This is a Paradox

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