Slipknot
.5: The Gray Chapter

2014, Roadrunner Records
Nu Metal

In fondo dagli Slipknot non potevamo chiedere di più
Recensione di Stefano Risso - Pubblicata in data: 17/10/14

Per come si erano messe le cose in casa Slipknot, dobbiamo solo ringraziare il cielo di avere tra le mani del nuovo materiale. Due colpi durissimi come la morte del bassista Paul Gray e l’allontanamento di Joey Jordison (con tutto lo strascico polemico/legale conseguente), avrebbero minato la coesione di qualsiasi band, tanto più per un “collettivo” come gli Slipknot, in cui convivono molteplici personalità ognuna desiderosa di dire la propria. Un ritorno estremamente gradito dunque, che per la natura eterogenea della band potrebbe anche essere l’ultimo atto (seppur con tutti i dubbi del caso), probabilmente il miglior disco che gli Slipknot potessero fare dopo un periodo tanto difficile.

Un lavoro che a partire dal titolo, “.5: The Gray Chapter”, per arrivare alle lyrics, parla molto del compianto Gray, un disco solido che vede sia una ripresa della potenza dei primi album, sia una spinta nella dimensione più melodica della band, con un Taylor mai così impegnato in refrain tanto puliti, così da assottigliare ancor di più il gap con l’altra sua creatura, gli Stone Sour. Corey ha già puntulizzato a mezzo stampa le differenza tra le due formazioni con affabili giri di parole… Per rispondergli “pan per focaccia” possiamo ricorrere alla più classica espressione in politichese: convergenze parallele. È innegabile infatti un’assonanza, in diversi punti, tra le due formazioni cugine, come è altrettanto netta la distanza in altrettanti frangenti. Insomma non ne arriveremo mai a capo.

La cosa importante da sottolineare comunque è la solidità della proposta, con una tracklist al solito fin troppo generosa, che riesce a non annoiare grazie a una disposizione indovinata di pezzi tutti dotati della giuste dose di dinamicità e varietà. Lo stile è quello di sempre, declinato di volta in volta, anche all’interno degli stessi brani, nella direzione più brutale o in quella più melodica, in pezzi fatti e rifiniti per cercare di non scontentare nessuno (indicativa difatti la scelta dei primi due singoli). Una sottile vena melodica fa da trait d’union a un lavoro che alla fin fine ha subito moltissimo l’influenza del frontman, rendendo il tutto più lineare e con meno sovrastrutture. Tutta la parte elettronica, tra campionamenti e scratch, è stata decisamente messa in secondo piano, come la ridondanza caratteristica delle percussioni, che si fanno sentire distintamente solo dopo diversi minuti con il classico colpo al bidone di ferro, per poi ritornare nell’ombra.

Questo ci offre lo spunto per affrontare il discorso dei nuovi arrivati (non ancora presentati “ufficialmente”). Diciamocelo, l’importanza di Gray era sicuramente maggiore dietro le quinte, piuttosto a quanto ascoltato negli anni, essendo il suo basso sempre poco valorizzato nelle precedenti produzioni. In “.5: The Gray Chapter” invece il basso è ragionevolmente più presente, suonato dal nuovo elemento in tandem con Jim Root, quasi fosse un tributo nel tributo. Per quanto riguarda la batteria, registriamo sia una perfetta somiglianza con lo stile classico di Jordison, con trigger a volontà e i tipici pattern sincopati/circolari, sia una minore importanza a livello generale, andando a pesare molto meno rispetto a quanto eravamo abitati. In soldoni, nessun brusco stacco col passato ma non più un ruolo da protagonista.

Un disco eterogeneo, tanto duro quanto melodico, che riprende il passato remoto e recente rimodellandolo in un qualcosa di attuale e sufficientemente fresco e coinvolgente, anzi molto coinvolgente. Sentire Corey lanciarsi in velocissimi vecchi versi “rap” è ancora un bel sentire (dalla metrica ripresa pari pari dai tempi del debutto “Slipknot”), come convincente il “nuovo” corso più asciutto e melodico. Come abbiamo già detto, un disco fatto per non scontentare nessuno, almeno sulla carta, non potendo dunque essere un capolavoro, ma solamente (scusate se è poco) un album per passare un’ora di grande piacere. In fondo, dopo tutti questi anni, dagli Slipknot chiedevamo solo questo.



Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool