Lykke Li
So Sad So Sexy

2018, RCA
Pop

Recensione di Fabio Rigamonti - Pubblicata in data: 04/07/18

Che il ritorno discografico della svedese Lykke Li fosse un’opera destinata al pop non ci sorprende, non quando tutte le velleità ‘70s simil retro-prog furono sfogate con i LIV, super progetto che vede in formazione anche Miike Snow ed i Peter Bjorn And John, band con la quale la Nostra ci ha tenuto compagnia in questo lungo silenzio.

E questa virata verso la bubblegum music non ci fa male per via del pensiero che la Nostra si sia svenduta, in quanto quel momento, semmai, poteva capitare quando c’era da sfruttare la scia lunga del celebre remix di “I Follow Rivers” con la quale Lykke si è fatta praticamente conoscere al mondo, mentre nel 2014 la risposta della cantautrice fu quello che si può considerare uno dei migliori break-up records del decennio, oscuro e dannato come solo il dolore che poche donne riescono a distillare in modo così puro nella musica.
Semmai, urta il fatto di sentire Lykke perdersi a fare la parodia celebrale di Charlie XCX (“Sex Money Feelings Die”) e di Britney Spears (“Jaguars In The Air”, e le Jaguars nell’aria ci vanno solo se hai lavorato sodo, bitch!), con risultati più ridicoli che intriganti, o quando il suono urbano della new-black wave dell’r.n.b contemporaneo si insinua con troppa forza sulla delicata commistione settantiana della Li (“Two Nights”, che in pratica è un pezzo di Aminè ft. Lykke Li).

Ma al netto di questo momentaneo fastidio, il quarto episodio discografico nella carriera oramai decennale della svedese si rivela presto per un’opera più ragionata e sensata di quanto non traspare in superficie ad un primo ascolto. Basta sentire come la malinconia tipica del Lykke-pensiero in musica si insinui con agilità tra i vocoder e l’algida base dell’iniziale “Hard Rain”, di come gli anni ’80 prendano possesso in modo magistrale dell’epico dolore che anima la titletrack, e di come in generale tutta la chiusa del disco sia, in pratica, un nuovo tentativo in chiave pop della Li di racchiudere quel frangente che si manifesta poco prima della fine di una relazione, quando l’abbandono è imminente e tutto ciò che rimane ad animare il paesaggio del cuore è misera, disperazione ed ostinazione.
Ed in questo il disco centra in pieno l’obiettivo: proprio quando la Li si dimentica degli ingombranti modelli da classifica, e decide di imporre la sua persona, è in quei momenti che “So Sad So Sexy” risplende, per cui ecco che anche le cantilene di “Utopia” e “Last Piece” riescono a svettare bel al di sopra della mediocrità radio-friendly, riverberando tra gli echi di country songs antiche e dimenticate, rilette però avendo a disposizione tutta la dotazione Apple del 2018.

Ecco dunque che, tra alti e bassi, questo inciso viene penalizzato unicamente dalla matematica: perché fare un’opera di selezione dei brani su un disco che dura poco più di 30 minuti ed arriva dopo 5 anni di silenzio, è cosa che si dovrebbe assolutamente evitare.
Così come gradito sarebbe stato il saziare appieno con l’ascolto il desiderio di dannazione che da una musa pop di David Lynch è il minimo sindacabile richiedere.
Ciò scritto, la tristezza riesce a rendere davvero sexy e seducente questo disco, e a salvare Lykke Li da una pregiudizievole prescindibilità.





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