Soilwork
The Ride Majestic

2015, Nuclear Blast
Melodic Death Metal

Recensione di Eleonora Muzzi - Pubblicata in data: 30/08/15

Quante volte vi abbiamo ripetuto che recensire dischi non è una passeggiata e spesso è difficile? Tante, vero? "The Ride Majestic" dei Soilwork non fa eccezione. Non perchè sia spaventosamente brutto o meravigliosamente bello, ma bensì per il più semplice ma molto più snervante motivo che è un disco terribilmente nella media. Nella media nel songwriting, non eccessivamente ispirato e che spesso ripiega su soluzioni ridondanti e di maniera. Nella media nell'esecuzione, la produzione non brilla e il mixaggio pecca qui e lì. E nella media anche nella copertina.

 

Ecco, si più dire che i Soilwork, nella loro carriera, hanno fatto di meglio. Ma andiamo con ordine.

 

"The Ride Majestic" è il decimo album degli svedesi, che nella loro carriera iniziata all'incirca vent'anni fa sono riusciti ad emergere dalle ombre di connazionali più famosi e attivi già da qualche anno in più con un death metal melodico ben fatto, compatto e tutto sommato distinguibile dal resto delle band dei tempi. Lentamente, album dopo album si sono evoluti, hanno iniziato a incorporare elementi di genere diverso nella loro proposta e si sono staccati dal sound tipico del death metal melodico di stampo svedese che conosciamo un po' tutti. Dal vivo sono sempre rimasti molto carichi, ma da qualche anno a questa parte gli album latitano. C'è chi dice che sono peggiorati, chi che invece si sono evoluti, come poco sopra, ma sarebbe più corretto parlare di una standardizzazione.

 

I Soilwork si sono standardizzati, hanno imparato una formuletta che funziona per loro e per il loro pubblico - che negli anni si è rimescolato parecchio - e da ormai tre o quattro uscite discografiche si attengono a quelle, inserendo qui e lì elementi nuovi che spesso andavano poi a incastrarsi nella formula usata nel disco successivo. La cosa non è necessariamente un male, perchè se la formula funziona allora perchè non mantenerla? Del resto, il vecchio adagio "squadra che vince non si cambia" è un must dello sport, perchè non potrebbe esserlo anche nella musica?

 

Da qui però si torna al discorso iniziale sul fatto che "The Ride Majestic" è un disco nella media per i Soilwork. E la media Soilwork è comunque una media abbastanza apprezzabile. Il precedente "The Living Infinte", del 2013, ha riscosso un gran successo di critica, con voti mediamente molto alti e "The Ride Majestic" gli è solo leggermente sotto, però rimane il fatto che è veramente un disco molto standard. Non sono stati presi rischi, sono stati ripercorsi gli stessi passi di "The Living Infinite" e del precedente ancora "The Panic Broadcast", tanto che il solco tracciato è ormai tanto profondo da sembrare una trincea. Va fatto notare che la differenza più eclatante sta nelle liriche. "The Ride Majestic" è funereo, si concentra su temi molto oscuri come morte, guerra e fine del mondo, questo lo rende un po' più "pesante" da questo punto di vista.

 

In soldoni, i Soilwork hanno ormai lo stampino con cui producono i propri dischi, ce ne siamo accorti e questo purtroppo fa in modo che dopo un po' l'ascolto risulti noioso. Se al primo giro "The Ride Majestic" può apparire come un disco bello, più lo si ascolta e più saltano fuori imperfezioni e ripetizioni, elementi ridondanti che ritornano più e più e più volte all'interno dell'album al punto che si iniziano a confondere i brani. Spicca però "Death In General", forte di un bellissimo ritornello terribilmente catchy che risulta veramente difficile togliersi dalla testa. Un buon disco, non eccelso ma nemmeno orribile. Se solo osassero di più sarebbe meglio.





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