Degli Argine, esotica creatura dark wave partenopea, serbiamo un buon ricordo, grazie ad una musica che ha saputo distinguersi - in tempi non sospetti - in un'operazione retromaniaca effettuata con trasporto ed ispirazione. Non possiamo dire lo stesso degli Spiral69, nuova incarnazione artistica di Riccardo Sabetti, ex-bassista degli Argine oggi impegnato a 360 gradi su questa band che, con "Ghosts In My Eyes", arriva al secondo disco in studio.

Ora: da un disco che parte con una canzone intitolata "Waves", quali novità fresche e degne di nota si possono ascrivere a questo quartetto totalmente dedito al solito, sfiancate, revival wave ottantiano in salsa electro-rock? Bravi, nessuna. Ma nessuna tendente a meno infinito, con l'ulteriore aggravante che quando la band cerca di andare fuori dal seminato, la noia si sostituisce ad un divertito gioco di: "cerca l'omaggio più o meno nascosto". Succede, ad esempio, su "Fake Love", dove la decadenza gotica non è altro che un mix perfettamente bilanciato tra tragedia romantico-sinfonica alla Lacrimosa e l'urgenza rock modernista dei Lacuna Coil, oppure in "Dirty", dove tutto - ma davvero tutto - richiama alla mente gli ultimi Nine Inch Nails, quelli più leggeri di "With Theet".

Il quadro, quindi, è davvero desolante, e piuttosto sconfortante. Si salvano unicamente una produzione brillante ad opera Steve Hewitt - sì, proprio l'ex batterista dei Placebo che si è oramai legato indissolubilmente alla causa wave - ed un certo gusto per il sinfonismo, gli ultimi rimasugli della creatura Argine innestati nel DNA di Sabetti. Per il resto, un disco assolutamente prescindibile in questo 2013 dove il revival wave effettuato senza un minimo di estro e fantasia è il crimine più efferato che si possa compiere. Perché è lo stesso che viene perpetrato con sin troppa leggerezza da sin troppi nomi.