Steve Hackett
Under A Mediterranean Sky

2021, Inside Out
Progressive Rock

Il chitarrista britannico torna con un disco pregno di cultura mediterranea.
Recensione di Federico Barusolo - Pubblicata in data: 24/01/21

Delle vicissitudini che hanno reso il 2020 un anno unico nella storia si è già abbondantemente parlato. Gli effetti sul mondo della musica sono stati tanti e vari, da quelli che purtroppo ci tengono lontani dalla scena live da quasi un anno, ad altri che coinvolgono la sfera compositiva ed hanno spinto molti artisti a chiudersi in casa e trovare ispirazione dentro loro stessi.


Steve Hackett è uno di quegli artisti a cui l'ispirazione non è mai mancata, come testimonia l'ininterrotto e operoso lavoro solista che il chitarrista ha portato avanti dall'uscita dai Genesis ad oggi. Quello che a Hackett - così come a noi tutti - è certamente mancato è il viaggio; da sempre elemento centrale nelle sue composizioni, chiave di comprensione dei testi e delle mille influenze etniche di cui le musiche sono composte. Ecco, quindi, come questa clausura forzata ha portato l'artista a rimuginare i propri frequenti viaggi attorno al Mediterraneo, intrecciando il desiderio di dare sfogo a queste proprie memorie con quello di pubblicare, dopo 12 anni, il primo album interamente acustico. Queste sono le premesse che accompagnano l'uscita di "Under A Mediterranean Sky".


Armato delle corde in nylon di una chitarra acustica che, in realtà, lo ha sempre accompagnato nel corso della sua produzione, Steve Hackett inizia da Malta, con "Mdina (The Walled City)", un viaggio che arriva a toccare tre continenti, tra gli espliciti riferimenti nei nomi delle tracce e l'utilizzo degli strumenti come il tar, il duduk, il charango e l'oud. Le atmosfere remano da subito in direzione di una imponente struttura orchestrale, all'interno della quale irrompe pulita e riconoscibile la chitarra del virtuoso ex Genesis.


L'efficacia nel racchiudere l'essenza del Mediterraneo è devastante, Steve Hackett dipinge undici tracce in cui la musica è un vettore da cui esplodono mille sensazioni, colori, odori e sapori tipici del Mare Nostrum. Il viaggio ci racconta la Francia, il Nord Africa, la Grecia, l'Italia, la Spagna e il Medio Oriente con una vividezza tale da far sembrare che il chitarrista abbia sempre vissuto in queste terre. Undici tracce in cui sono l'amore e la cultura a farla da padrone, giocando con temi melodici ricorrenti che assumono diverse sfaccettature a seconda dell'ispirazione geografica.


I fan di vecchia data non potranno poi non apprezzare come il trascorso nei Genesis, seppure ormai appartenente ad un'altra vita, sia ancora fortemente presente nella tavolozza di Hackett, naturale conseguenza dell'impronta personale che il musicista riuscì a fondere con le mille ispirazioni di questa leggendaria band. "Adriatic Blue", così come il dittico ispanico "Lorato" e "Andalusian Heart", sono pregne della vocazione acustica di quel periodo, la stessa che ha portato alla luce gioielli come "Horizons".


Insomma, con Steve Hackett è un po' sempre la stessa storia. Arriva un nuovo disco e ci chiediamo in quali modi riuscirà a stupirci ancora. Ascoltiamo e sentiamo come al solito un lavoro oculato e altisonante, ma che alla fine ti tocca con la semplicità di un artista che scrive e suona direttamente dal cuore. Finiamo, rielaboriamo, e non possiamo fare a meno di realizzare che siamo di fronte ad un altro capolavoro.





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