Abbaiano forte, questi cani randagi. Chissà dov'erano finiti, per quali strade vagavano. Tornano a svegliarci dopo 8 anni di silenzio, perché tanto è passato dall'ultimo lavoro in studio, l'omonimo "Street Dogs" (2008). La punk rock band americana nata a inizio millennio riesce ancora a far parlare di sé, con la prepotenza che l'ha sempre contraddistinta e soprattutto con un nuovo album, "Stand For Something Or Die For Nothing", dichiarazione d'intenti che dimostra come il tempo non scalfisca il nucleo della loro ideologia.
Mike McColgan e soci non possono non sapere quanto, ora più che mai, sia difficile sfornare qualcosa di godibile e originale. Gli 11 tentativi che compongono la tracklist non intendono tuttavia sconvolgere nulla, anzi, il contrario. Senza pretese, illusioni, inutili sforzi: da "Stand For Something Or Die For Nothing" a "Torn And Frayed" ci sono i soliti giri di accordi, i soliti cori, il solito messaggio di ribellione. E sì, c'è il solito buon vecchio, arrabbiato, divertente punk cui non ci si abitua mai. Perché il punk, checché se ne voglia dire, bisogna anche saperlo fare, e i Cani di Strada sanno farlo. Consapevoli del target cui appartengono, mostrano con orgoglio le cicatrici simbolo di una carriera giunta ormai alla piena pubertà. È punk costruito alla perfezione, dove nulla viene lasciato al caso. C'è attenzione e cura su tutto, ed è appagante accorgersene. Volutamente politico, volutamente arrabbiato ma anche volutamente positivo. I cori funzionano e trascinano, i ritornelli anche, e in nessun brano si sente la fretta di arrivare alla fine per paura di annoiare. E' tutto al proprio posto, dall'assolo centrale all'intro in crescendo: si trova tutto quello che ci dev'essere, esattamente là dove lo si deve trovare.
Difficile pensare che dal vivo "Working Class Heroes", "Lest We Forget" o la conclusiva "Torn And Frayed" non saranno esplosivi, ma questo lo capiremo durante le date dell'imminente tour europeo. Quando c'è da dire qualcosa viene detto, e la voce di McColgan è talmente convinta e morbida, anche nella propria cattiveria, da caricarsi spesso sulle spalle la responsabilità di far fare ad alcuni brani il salto di qualità di cui hanno bisogno. E funziona. "The Round Up" e "Mary On Believer Street" sono gran bei pezzi, e la sua voce la cieligina sulla torta. I richiami alla musica irlandese, come nel caso di "Other Ones", ci sono ma non eccedono, preferendo lasciar spazio a sonorità tipiche, le più classiche e che continuano a sembrare la veste migliore del gruppo. Ciò che conta di più è che quando si va a contare i pezzi convincenti della tracklist si devono usare due mani. Li si può ascoltare più e più volte, a ruota libera, senza uscirne annoiati o saturi. Non è poco, considerando la natura di per sé naturalmente ripetitiva degli arrangiamenti. È valso la pena attendere tanto, dato che il risultato finale è convincente ma soprattutto convinto.
"Stand For Something Or Die For Nothing" è un puzzle composto da tasselli per nulla sorprendenti che va però a creare, come riescono a fare solo band di un certo livello, un'immagine nitida e chiara di come gli Street Dogs vedano (ed amino suonare) il punk, così che chi ascolta, sia un esperto o meno, possa dare uno sguardo a quel mondo seguendo la traiettoria che il loro dito indica. Esattamente come ad una festa, ciò che conta è però lo spirito degli invitati. Ma in questo caso potranno rimanere sopresi anche i più prevenuti, quelli che pensavano si sarebbero annoiati o sarebbero rimasti volentieri a casa. Lo vedete? Anzi, lo sentite anche voi che ancora una volta è ora di far festa?