The Haunted
Strenght In Numbers

2017, Century Media Records
Thrash Metal/Metalcore

Dopo diversi cambi di line up, annunci di scioglimento, rettifiche e riesumazioni varie, gli svedesi The Haunted, thrash metallers con venature metalcore, tornano alla carica con "Strenght In Numbers", album che non deluderà i vecchi fan e ne recluterà di nuovi.
Recensione di Matteo Poli - Pubblicata in data: 26/08/17

Rieccoli, i The Haunted. Temevamo si fossero di nuovo persi per strada ma, per fortuna, il lupo perde solo il pelo. D'altra parte, la band ha abituato i propri fan alle sorprese. Ricordiamo che la band esordisce nella seconda metà dei Nineties dalle ceneri del melodic death metal degli At The Gates, fonda in parte il nascente metalcore, con il secondo e terzo album virano decisamente verso il thrash post Pantera/Machine Head, raggiunge il grande successo tra 2003 e 2004 con gli album "One Kill Wonder" e "rEVOLVEr"; tutto sembra andare per il meglio sino al 2012 quando, dopo aver pubblicato un album incredibilmente melodico e accattivante come "Unseen", il cantante Peter Dolving e altri due membri abbandonano e lasciano in forse il destino dei The Haunted. Nel 2013 la band recluta nuovamente Adrian Erlandsson e Marc Aro, che sostituì già Dolving dopo il primo album, e soprattutto Ola Englund dei Six Feet Under come lead guitar.

 

Se "Exit Wounds" ha segnato la fase 3.0 della band, e un ritorno alla furia delle origini, "Strenght In Numbers" prosegue sulla stessa linea del predecessore, confermando l'ottima forma del combo, ma spostandosi in parte dal thrash/metalcore verso soluzioni proprie dell'heavy classico. Come nel precedente, punti di forza sono la personalità e il gusto delle parti di chitarra, la versatilità e perizia della batteria e, certo, il cantato. Nel presente disco la band non disdegna (come già in passato) una certa ricerca armonica per correggere ed equilibrare la furia più furiosa: si avverte l'influenza dei Pantera, quelli aperti all'uso della chitarra acustica di "Great Southern Trendkill", equilibrati dall'altra grande influenza della band, gli Slayer. Ma non essendo precisamente novellini, i The Haunted fondono i modelli nella bollente caldera di uno stile originale e definito.


Queste poderose immissioni di heavy classico non significano però snaturarsi. Si avvertono anzi soprattutto nei soli, nei ponti, all'inizio e alla fine dei brani (cioè nelle parti, diciamo, di raccordo) e nell'apertura di alcuni refrain. L'album è tutto di buon livello, superiore anche a "Exit Wounds"; forse perchè, come spiega Jensen, la band aveva molto materiale da cui partire e Ola Englund è stato maggiormente coinvolto nella composizione rispetto all'album precedente. Highlights sono, a nostro giudizio, la title track che - ora riflessiva, ora quasi epica, ora scatenata - illustra magistralmente quanto si è detto sopra; la bella e straniante "Spark", che con tempi dispari ed accenti spostati ci toglie la terra da sotto i piedi; la travolgente "Means To An End" e la sinistra "Monuments", pesante come un blocco di ossidiana. Ma notevoli anche "Preachers Of Death", "This Is The End", "The Fall", che con i sorprendenti cambi di tempo ci fanno avvertire un'altra influenza della band: i primi Machine Head.


L'album è stato prodotto da Russ Russell (ha lavorato con Napalm Death, Dimmu Borgir, The Exploited tra gli altri), che ha elaborato un suono molto diverso da quello del precedente produttore, Tue Madsen, più in linea con le scelte compositive della band, e perciò meno compresso, più scuro ma più aperto alle medie e basse frequenze e con le chitarre in bella evidenza.  Può darsi che qualche fan storico storca il naso di fronte a cotanta melodia, magari uno o due grideranno pure al tradimento e bruceranno sul rogo del proprio oltranzismo la discografia dei The Haunted, ma forse l'avrebbero già fatto col ben più melodico "Unseen" del 2011. Resta il fatto che "Strenght In Numbers" è forse il loro album più bello da dieci anni a questa parte. E tanto basta.





01. Fill The Darkness With Black
02. Brute Force
03. Spark
04. Preachers Of Death
05. Strenght In Numbers
06. Tighten The Noose
07. This Is The End
08. The Fall
09. Means To An End
10. Monuments

Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool