Summoning
Old Mornings Dawn

2013, Napalm Records
Black Metal

Recensione di Fabio Petrella - Pubblicata in data: 03/07/13

Del tema che vi ho esposto, ora io voglio che facciate, uniti in armonia, una Grande Musica”. Così alle sorgenti del tempo parlò Eru Ilúvatar rivolgendosi agli Ainur, rampolli del suo pensiero. Ma in pochi sanno che nei giorni della creazione di Arda – la terra immaginaria che accoglie le vicende raccontate da J.R.R. Tolkien - c’erano al fianco degli Ainur anche i Summoning, e fu proprio a loro che Ilúvatar assegnò il gravoso compito di comporre la melodia della vita. Così Silenius e Protector, spiriti d’Austria, scesero in Eä per aiutare i Valar a gettare le basi del mondo.
 
Dal magniloquente "Oath Bound" sono passati sette anni, ma sembra un’era. Durante queste stagioni i Summoning, sotto l’aspetto di un viandante solitario dal volto celato dietro la tela di un logoro saio, hanno errato per le Terre Selvagge con un fanale in mano a scoprire le ossa dei dirupi asserviti a Monte Fato. Una lunga ricerca perigliosa che ha accresciuto di parecchio la smania dei sostenitori, rossi di collera fino alla radice dei capelli per la prolungata assenza dei raminghi austriaci dalla scena. Superate numerose peripezie i paladini insuperabili del black metal sinfonico hanno ritrovato la via per Imladris, dove l’isolamento porta speranza. Qui, a colloquio con gli Eldar, hanno incamerato saggezza e raggomitolando i ricordi come Bilbo Baggins al termine del suo viaggio hanno confezionato "Old Mornings Dawn", che abbandona in parte l’irredentismo epico (l’eredità passa agli statunitensi Caladan Brood?) per abbracciare la poesia, indagando le aule della memoria e dei giorni antichi. Gli otto brani del disco (dieci considerando “The Darkening of Valinor” e “With Fire and Sword” della limited deluxe edition, bonus track sostanziali e del tutto non trascurabili) sono resti integri di un organismo un tempo vivente, una testimonianza di vita geologicamente passata. I Summoning portano alla luce dalle profondità della terra il loro lato più poetico, crepuscolare, anticipato sette anni fa dall’uggiosa Land of The Dead, spettrale chiusura di "Oath Bound". Come di tradizione le liriche degli austriaci, esclusa la parentesi “Stronghold”, ruotano attorno le vicissitudini fantastiche consegnate ai mortali da Tolkien, scandagliando l’intera bibliografia dello scrittore, filologo, glottoteta e linguista britannico. La title-track, per chi scrive, è la quintessenza della band, l’etere, l’elemento che include tutta l’arte padroneggiata dai Summoning e la purifica, avvicinandola a quella completezza emozionale che gli alchimisti sognavano di raggiungere moralmente con la pietra filosofale. “Old Mornings Dawn” è il vitreo retaggio di un tempo che non c’è più; la sua minerale lucentezza adamantina ricorda quella dei Silmaril di Fëanor, i brani lapislazzuli invischiati nella resina. È il fascino dell’antico che avanza, un’opera intimistica, vespertina, permeata dal lieto chiarore di Telperion e Laurelin, gli alberi di Valinor.
 
In una manciata di more Ignazio Silone scrive: “Le storie invecchiano solo per quelli che non ci pensano”. Un pensiero condiviso appieno da Silenius e Protector, che con “Old Mornings Dawn” perpetuano il pellegrinaggio lungo i sentieri sepolti della leggenda convinti un giorno di salpare dai Porti Grigi, ad occidente delle Montagne Nebbiose, per raggiungere le bianche sponde del meritato Reame Beato.




01. Evernight
02. Flammifer
03. Old Mornings Dawn
04. The White Tower
05. Caradhras
06. Of Pale White Morn
07. The Wandering Fire
08. Earthshine
09. The Darkening of Valinor (Bonus track)
10. With Fire and Sword (Bonus track)

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