Swans
The Seer

2012, Young God Records
Avantgarde

Recensione di Marco Mazza - Pubblicata in data: 24/04/13

Gli Swans hanno dato tantissimo alla storia del rock alternativo. Gli Swans sono già entrati nell’Olimpo, una élite in cui il genio di Michael Gira non può che assumere il ruolo di oscuro narratore. Capolavori assoluti, come l’indimenticabile “Childern Of God”, si sono susseguiti dai primi anni ’80, realizzando una discografia di primo valore capace di influenzare una vastità di generi musicali: metal, industrial, noise, ispirando artisti del calibro di Nine Inch Nails, Godflash, Tool o molti altri. Un’onoratissima carriera che ha prodotto un filone d’oro che sembrava essersi interrotto definitivamente nel 1996 con l’ennesimo capolavoro, “Soundtracks For The Blind”, cui sono seguiti un paio di live album, tra cui l’ultima pubblicazione: “Swans Are Dead” del 1998. La morte dei Cigni ha segnato anche la fine del fortunato sodalizio tra Gira e Jane Jarboe, musicale e sentimentale. Da allora gli Swans si sono fatti sentire solo con la raccolta “Various Failures”, ironia sullo scarso successo commerciale ottenuto dai lavori precedenti. La fervida mente di Michael Gira però non si ferma e di lui si sente ancora parlare. Dà via infatti a nuovi progetti, come la band Angels Of Light o gli Akron/Family, con cui continua la sua sperimentazione musicale. Non senza sorpresa però, nel 2010, decide di resuscitare gli Swans. Il primo risultato è la pubblicazione nello stesso anno di “My Father Will Guide Me Up A Rope To The Sky”. Viene accolto positivamente dalla critica pur risultando più opaco rispetto a quanto fatto nel glorioso passato. Un buon lavoro ma che si mostra un po' artificioso e autocitazionista in alcune parti. Un gradito ritorno dunque, eppur lontano dall’essere un episodio significativo nella storia della band di Gira. Quanto fatto con il primo album della seconda vita degli Swans sembra però essere quasi una prova generale se riletto dopo la pubblicazione della successiva opera: “The Seer”.
 
Presentato in pompa magna, “The Seer”, è un monumentale doppio album, il quarto nella discografia, ben due ore di musica condensate in soli undici, enormi, composizioni. La band degli anni duemila è ormai un ensemble di musicisti alla guida di Michael Gira. “The Seer” vede la partecipazione di alcuni dei membri storici degli Swans più alcuni degli Angel Of Light. Rimangono coloro che erano presenti nella precedente uscita; i chitarristi di Norman Westberg (fedelissimo) e Christoph Hahn, il percussionista di Phil Puleo, il bassista Christopher Pravdica e il polistrumentista Thor Harris. Al nucleo si aggiunge William Rieflin, impegnato al piano, organo e sintetizzatore, portando cosi a sette il numero dei componenti della formazione. Ad essi si aggiungono una miriade di ospiti. L’uscita si avvale, infatti, della collaborazione di membri degli Yeah Yeah Yeahs, Low, Mercury Rev e dei progetti paralleli di Gira. A spiccare su tutti è però Jane Jarboe, compagna di avventura in tanti successi.

“The Seer” è stato descritto dallo stesso Gira come “... il culmine di ogni precedente album degli Swans e di ogni altra musica che abbia mai fatto, in cui sia stato coinvolto in o che io abbia mai immaginato”. E, in effetti, l’ultima fatica dello statunitense risulta essere un patchwork tra quanto fatto nel passato, in tutti i suoi progetti, assieme a molte altre influenze. Si trova di tutto: dissonanze post-punk, divagazioni psichedeliche, massivi scenari post rock completamente smembrati, gothic, folk ed elettronica ma non solo; un’orgia minimalistica eppur straripante, un lavoro sperimentale d’avanguardia, originale, decisamente fuori dal tempo e dalla linee comuni, segna un altro grande capitolo a firma Swans. Brani come l’opener, “Lunacy”, agghiacciante e allucinante, con il suo titolo ripetuto fino allo sfinimento dalla coppia Alan Sparhawk e Mimi Parker dei Low. E’ la colonna sonora di un incubo; è l’inizio che spoglia subito l’ascoltatore lasciandolo solo con se stesso, inerme. “Mother Of The World” parte con un respiro sincopato che si trasforma in un marasma post rock psichedelico su cui si stende la voce del frontman. E’ il ponte che collega al brano successivo, “The Wolf”, in cui Gira canta praticamente a cappella una nenia sconcertante; è la traccia più breve dell’intero album e si contrappone alla successiva, monumentale, title-track. “The Seer” è il brano cardine dell’opera, il più significativo e importante. E’ un fiume infinito e indefinito di trentadue minuti in cui gli Swans utilizzano tutto il loro arsenale musicale per dimostrare di cosa sono capaci. Campane tubolari, cornamuse, mandolini, percussioni e quant’altro introducono l’opera in un frastuono asfissiante, un’assenza totale di armonia. A farsi spazio è progressivamente il banjo in un sottofondo industrial con droni elettronici. E’ un viaggio onirico che ci porterà negli scenari più disparati, voci ripetitive e ossessionanti, scenari post rock orientaleggianti ridotti all’astrattismo, atmosfere slow-core e doom, strati di trame elettroniche, blues ridotto alla follia. Il tutto in spazi sfumati estremamente dinamici, sembra davvero una parata dimostrativa di tutto ciò che può essere passato nella mente di Gira negli ultimi trenta anni. La successiva “The Seer Returns” è un brano certamente più semplice nella struttura e anche uno dei più oscuri, ricompare per la prima volta Jarboe. “Ave. B Blues” è l’episodio più sperimentale dell’intera uscita. Cinque minuti di delirio sonoro e versi monotoni da zombie. “The Daughter Brings The Water” conclude la prima parte, rallentando i ritmi tra sinistre atmosfere.
 
Il primo CD è oscuro, inquietante, sconcertante. A questo paesaggio si contrappone il secondo, in cui una timida luce inizia a illuminare le cose e a schiarire l’orizzonte. “Song Of A Warrior” è una boccata d’aria fresca, cantata dalla splendida voce di Karen O degli Yeah Yeah Yeahs. “Avatar” in alcuni ritratti ricorda quanto fatto con “Light from The Mouth Of Infinity”, con un finale in crescendo. I venti minuti di “A Piece Of The Sky” formano un altro monumento di “The Seer”. Segnato da una lunga intro industrial noise, è ancora una taccia calderone i cui sono riversate quante più idee possibili, tra atmosfere alienanti, scenari alla Godspeed You! Black Emperor, fino al finale più rasserenante con la voce melodica di Gira. E’ la seconda traccia che vede la partecipazione come ospite di Jane Jarboe. La conclusiva “The Apostate” è un altro capolavoro fiume da ventitré minuti. Per buona parte segue la struttura del brano precedente, tra esplosioni ritmiche, echi industrial e quant’altro; è una calamita attorno alla quale tutto è convogliato e mescolato in un caos ammaliante.
 
“The Seer” è un album che mancava nella discografia degli Swans. Pur non essendo ai livelli dei capolavori del passato, segna il ritorno alla grande musica della storica band di Michael Gira, il quale mette in mostra per l’ennesima volta il suo genio. L’ultima uscita rappresenta davvero qualcosa di nuovo, non è solo un ricalcare quanto fatto in passato. “The Seer” non arriva agli estremi degli esordi (benché i denti di Gira dell’artwork siano gli stessi in evidenza con il primo full-length “Filth”), le composizioni sono più varie e dinamiche, non tocca più il terrore puro di alcuni precedenti capitoli. O meglio, tutti questi aspetti sono più limitati e diluiti. Quello dipinto da “The Seer” è un quadro molto più astratto, è un mastodontico gorgo d’idee (quelle del suo leader) in cui tutto cade e si rimescola: post punk, stoner rock, industrial, ambient, alternative rock, post rock. Con “The Seer” gli Swans del dopo reunion dimostrano di poter dare ancora alla musica, la fiamma di Michael Gira non si è ancora esaurita. Il cigno si trasforma in fenice e rende “The Seer” una delle più belle uscite di tutto il 2012.



CD 1

01. Lunacy
02. Mother Of The World
03. The Wolf
04. The Seer
05. The Seer Returns
06. Ave. B Blues
07. The Daughter Brings The Water

CD 2

01. Song For A Warrior
02. Avatar
03. A Piece Of The Sky
04. The Apostate

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