"The Italian Job": potrebbe essere questo il sottotitolo del primo album omonimo degli Sweet Oblivion, side project nato in casa Frontiers per riconsegnare un po' di lustro alla stella appannata di Geoff Tate. In effetti, leggendo i nomi di Emanuele Casali e, soprattutto, quello di Simone Mularoni, il pensiero corre rapido al progressive metal di qualità made in Italy. Musicisti talentuosi, dunque, in grado di recuperare il sound dei migliori Queensrÿche attraverso le moderne elucubrazioni degli ultimi DGM: al centro, la voce unica del singer che, se dal vivo ha perso chiaramente parte del suo smalto, in studio riesce ancora a lasciare il segno. Un disco, dunque, costruito su ben determinate linee direttrici e perfetto nell'adempiere al compito di cristalliera di gran classe per spiriti in cerca di nuova luce.
Dall'opener "True Colors" all'accattivante title track, la band snocciola affettuosi ricordi da "Operation: Mindcrime" ed "Empire"; l'intero LP segue il medesimo percorso, pur offrendo spunti e sapori diversi. L'epicità cinematografica di "Behind Your Eyes" e "Hide Away", l'allure catchy di "A Recess From My Fate" e "Transition", l'agrodolce ballad "Disconnect", la perfetta simbiosi di chitarre e tastiere nella melodica "The Deceiver", le trame certosine della mid-tempo "Seek The Light": difficile trovare un brano che in qualche modo deluda le attese e, complice il carisma del frontman, all'apice della propria forza evocativa nella poderosa "My Last Story", si può affermare senza tentennamenti che anche un moniker estemporaneo risulta in grado di regalare piacevoli vibrazioni.
Non importa se per gli Sweet Oblivion esisterà un futuro: di certo, il meritorio supporto a un mostro sacro come Geoff Tate, che ricambia da par suo, vale in pieno l'ascolto del lavoro. In una parola, sorprendente.