The Buttshakers
Sweet Rewards

2018, Underdog Records
Soul

A quattro anni di distanza dall'esordio, i francesi The Buttshakers tornano con un album di classic soul non privo di incursioni funk e garage così ben suonato e prodotto da far impallidire le bigband soul americane. Chapeau!
Recensione di Matteo Poli - Pubblicata in data: 02/03/18

Quattro anni fa The Buttshakers ci avevano fatto apprezzare la loro capacità di trasferire in terra di Francia il sound soul che ha fatto la fortuna di Boston, Philadelphia e Chicago tra i Sessanta ed i Settanta, ibridandolo con soluzioni proprie del Garage Rock: merito della tecnica e del carisma della vocalist americana Ciara Thompson, attorno a cui si costruisce il sound della band. Tornano con "Sweet Rewards", un disco dalle sonorità decisamente più classic soul, con qualche bella eccezione.


Partiamo da queste: "Movin' On" ha un andamento decisamente garage, con suggestioni dub che ci proiettano in un fumoso club europeo di inizio anni '90; "Fleeting Violence" flirta sia col garage che col classic funky (quello dei White Average Band e dei stratosferici Tower Of Power, più che della Graham Central Station) in un arrangiamento teso e terso condotto dalla nervosa linea di basso e da affondi di Hammond, come si apprezza nella codina strumentale, che ci catapulta quasi in un poliziesco italiano anni '70, tipo "Milano A Mano Armata" e non siamo troppo distanti dai nostrani Calibro 35. La chitarra ha una propensione per le ritmiche in levare che aggiunge un pizzico di allure reggae al tutto. "Trying To Fool" si nutre invece di linfe Rhytm 'n' Blues che rimandano alla Blues Brothers Band e ad Aretha Franklin, soprattutto nel fraseggio dei cori. Bravissimi i fiati.


Oltre alla bella title track iniziale, i pezzi di soul classico sono la successiva "In The City", "What You Say" che parafrasa il classico "Proud Mary" in alcuni passaggi, "Tax Man" che evoca invece qua e là le dinamiche di "I Heard it Through The Grapevine", versione Marvin Gaye, con un pizzico di "Purple Haze" di Hendrix nella seconda parte e struttura in crescendo; punti di forza della band, evidenti già a un primo ascolto, oltre la carismatica singer, sono il basso very sharp senza ricorrere allo slap, l'organo Hammond e la trascinante sezione di fiati. "Roll Miss Roll" è un pezzo raccolto, voce accompagnata dalla sola chitarra, che sta in equilibrio tra "Redemption Song" di Bob Marley e una ballad di Tracy Chapman. Chiude festosamente un pezzo stavolta davvero intriso di garage, "Weak Ends", che ci riporta alla carica del primo album, che qui certo non manca, ma si arricchisce di nuove input e sonorità, in particolari percussioni e fiati e che permettono alla band di competere con le grandi orchestre soul americane. Un lavoro che non fa che confermare le qualità della band. Da non trascurare.





01. Sweet Rewards
02. In The City
03. What You Say
04. Movin' On
05. Hypnotized
06. Tax Man
07. Trying To Fool
08. Roll Miss Roll
09. Weak Ends

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