Dopo la pubblicazione, nel 2015, dell'altalenante "Dormant Heart", numerose sono state le speculazioni riguardo il destino dei Sylosis, compreso un definitivo split-up della band, soprattutto a causa del recente coinvolgimento del fondatore Josh Middleton negli Architects: voci sconfessate dall'uscita del nuovo album in studio.
"Cycle Of Suffering" rappresenta, per i britannici, un ritorno al metalcore che caratterizzava i due EP d'esordio "Casting Shadows" e "The Supreme Oppressor": riaccordate le chitarre allo standard D, il combo, pur conservando invariata la tendenza al tecnicismo e alla velocità, predilige costruire pezzi basati su un riffing semplice e lineare e dipingere paesaggi sonori carichi di emotività. Un disco, dunque, molto terroso, e che si pone come deliberato tentativo da parte del gruppo di rincorporare a sé le proprie radici musicali. Ciò non vuol dire affatto che il thrash e il melodic death degli LP precedenti vengano riposti nel cassetto, ma semplicemente convogliati in una intelaiatura di stampo hardcore.
Con il risultato che le canzoni migliori del lavoro ("Empty Prophets", "Shield", "Idle Hands"), appaiono quelle meno legate stilisticamente al passato recente del combo: combinando D-beat, fondali ambient e breakdown mai troppo pesanti, i nostri riescono a dare una discreta lucidata al loro vecchio sound. Buoni anche i brani più immediati ("Calcified", "Devils In Their Eyes"), mentre poco stuzzicanti suonano le varie "I Sever" e "Invidia", prevedibili e monocordi nel ritmo come nella struttura; di media calibratura, invece, "Arms Like A Noose" e "Disintegrate" vivacizzate da inserti prog/black in grado di destarle dal torpore generale. Sensazione che i Sylosis eludono con discontinuità, nonostante i lodevoli propositi e un piacevole ascolto d'insieme.