L'atmosfera sfacciatamente anni '80 si coglie già dalla copertina che sembra quasi una citazione delle riviste e delle fanzine dell'epoca. Anche la voce del nuovo cantante Alexx Stahl (nel gruppo da due anni) ricorda parecchio alcuni suoi predecessori del calibro di David Coverdale, David Lee Roth, Bruce Dickinson e, perché no, anche Ian Gillan. Le chitarre affilate come lame, la voce in falsetto e i cori la fanno da padrone e si manifestano sin dalla prima traccia, "In the Beginning", la quale, già dal titolo, lascia intuire che si tratti di una sorta di preludio alla successiva title track, "Temple Of Lies", un brano elettrico, molto frizzante e veloce, vicino allo speed metal.
Le successive "On The Wings Of An Angel", "Feed The Fire" e "Stand Or Fall" sono tutte e tre sullo stesso stile compositivo: chitarre prepotenti e veloci, cantato acuto armonizzato da diversi cori, batteria potente e, in pieno stile Eighties, tastiere e synth, anche se va fatta una menzione agli arrangiamenti molto architettati che non lasciano nulla al caso. Ovviamente, come in ogni buon album di musica hard rock che si rispetti, non può mancare la ballata: "Comin' Home" si pone quasi come un ideale spartiacque tra la prima e la seconda facciata di un vecchio vinile. La partenza più mesta fa da apripista alla chitarra e alla batteria le quali, aiutate dalla tastiera, tessono un brano variegato che, in un crescendo quasi emotivo e interpretativo, si presenta all'ascoltatore come un'ennesima e sempre apprezzabile citazione al lato romantico del rock. Il tutto senza trovare una vera e propria conclusione poiché, sulla coda di "Comin' Home", si aggancia la successiva "I'll Never Be Loved by You", anch'esso un brano riconducibile alla ballata, quantomeno per il testo, poiché l'arrangiamento, anche se in scala minore, mantenendo una certa melancolia di sottofondo, ritorna verso le schitarrate potenti dei primi cinque brani. Le tre successive tracce, "Fly Away" e "Love the Way You Hate Me", si mantengono entrambe sui livelli precedenti, proponendo stilemi visti già nelle prime cinque canzoni per poi concludersi in modo non dissimile con "Crazy over You", brano che chiude l'album in modo veloce e spiazzante, con un ultimo accordo un po' troppo di corsa, quasi come se il brano rimanesse incompiuto.
È forse proprio questo il problema del disco: risulta tutto troppo simile a se stesso, come se gli autori avessero programmato di riempire un album riproponendo stilemi classici e senza discostarsi troppo da una linea di base, senza osare. Esclusa "Comin' Home" a metà, per il resto del disco si ha la sensazione di già sentito. Forse è il rischio che si corre quando ci si immedesima in un genere già spremuto sino all'osso, oppure quando si arriva ad un momento della propria carriera in cui si è diventati ormai - giustamente - dei mestieranti. Non è un album scarno, ma semplicemente risulta un po' pigro e svogliato. È vero che il mondo dell'hard rock è pieno zeppo di gruppi che hanno fatto carriera sulle ripetizioni - gli AC/DC su tutti lo hanno persino dichiarato in svariate interviste - , ma rimane comunque quella sensazione di occasione sprecata per un disco che, tolto questo, potrebbe essere tranquillamente considerato un album molto divertente, semplice, senza pretese e dalla durata anche relativamente breve. In definitiva consigliabile per coloro che vogliono passare una mezz'ora divertente e frizzante.