Primus
The Desaturating Seven

2017, PIAS
Alternative Rock

Tornano i folli clown di Les Claypool, ma questa volta non mantengono quello che promettono; aria di dejavu in casa Primus...
Recensione di Matteo Poli - Pubblicata in data: 26/09/17

Ecco una di quelle band che mette a dura prova il critico. Non perchè i loro dischi siano banali, al contrario. Il problema è che sono scivolosi e non si fanno catturare con facilità in due parole. Parliamo dei Primus che, con una manciata di dischi folli e geniali, hanno stregato il pubblico e gabbato orde di critici puzzalnaso per un paio di decenni. Il trio, capitanato dall'istrionico bassista Les Claypool e reduce da un psichedelico viaggio in "Willy Wonka e la Fabbrica di Ciccolato", di cui hanno reinterpretato a modo loro la colonna sonora nel 2015, sembra non riesca a fare a meno di intingere i propri incubi nella fiaba e nella psicopatologia e si fa un vanto di spiazzare le aspettative dell'ascoltatore, tenendo fede a una genuina e primigenia attitudine punk. Così ci aspetteremmo anche in "The Desaturating Seven", sorta di squinternato concept che parodizza e mescola in un mulinex sacro e profano. Così sono i Primus, teneri e feroci, sempre sospesi tra sangue e stelle filanti, scannatoio travestito da circo.


La perizia musicale del gruppo non si discute: ancora una volta il basso di Claypool la fa da padrone e dirige, come con un'orchestra, l'andamento dei brani. Ancora la sua voce teatrale e folle - simile a quella di Alistair Crowley se avesse mai recitato nelle operette di Gilbert & Sullivan - ci conduce attraverso il disco come una filastrocca psichiatrica. La chitarra sembra un basso, il basso una percussione. Tutto al suo posto, insomma? Terminate le lodi, non possiamo però nascondere alcune perplessità. Non avessimo mai ascoltato niente di loro, diremmo notevole quest'ultimo lavoro. Ma i Magnifici Tre - tra l'altro in gran rispolvero nella lineup originale - ci hanno abituato assai bene, e non possiamo non constatare un certo appiattimento negli ultimi lavori. Di quest'album potremmo perdonare la cupezza, che contraddistingue un po' tutta questa fase della loro produzione, che anzi nei suoi momenti migliori ci seduce e ci riporta ad antichi fasti: i Primus hanno sempre giocato, e magistralmente, sull'accostamento stridente di buffoneria e cupezza. Fanno satira, non elegia.


Ma la monotonia, quella non possiamo accettarla: non dai Primus. Invece, ahinoi, si sbadiglia spesso e volentieri scorrendo le tracce del disco e accade una delle cose meno piacevoli per un loro sincero fan: scatta il rimpianto. La bellezza di alcune tracce, l'inizio del disco, la lunatica "The Trek", "The Seven", alcuni passaggi di "The Storm", non scacciano un'impressione di stanchezza e ripetitività, come se la band fosse chiusa in una sorta di "Primusism" in cui si è condannati a tornare sempre, e sempre meno bene, sui propri passi: così le chitarre ci sembrano molto meno presenti e potenti, i brani sempre più sfilacciati e sul filo dell'improvvisazione pura, e la bravura di Claypool non basta a far quadrare i conti. Dove in passato queste cose ci emozionavano e spiazzavano, o ci facevano scoppiare a ridere, adesso suonano come manierismi. Il giudizio purtroppo non è mitigato dalla qualità del suono, piuttosto oscuro e "in presa diretta", quasi da jam session, che non giova all'insieme. Un piccolo passo falso per una band non prodiga di dischi, ma capace di produrre capolavori come "Sailing In A Sea Of Cheese" e "Pork Soda" e a cui chiediamo molto, molto di più. Sbagliamo?





01. The Valley
02. The Seven
03. The Trek
04. The Scheme
05. The Dream
06. The Storm
07. The Ends?

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