Herman Frank
The Devil Rides Out

2016, AFM Records
Heavy Metal

Il chitarrista teutonico propone un disco onesto ma privo del giusto mordente.
Recensione di Roberto Di Girolamo - Pubblicata in data: 05/12/16

L'ex Accept Herman Frank ritorna sul mercato discografico con "The Devil Rides Out" a distanza di quattro anni dal precedente "Right In The Guts". Sin da subito vengono ribadite le intenzioni che l'axe-man aveva manifestato in occasione delle sue precedenti pubblicazioni da solista: puro acciaio teutonico senza compromessi o variazioni sul tema.
 

La tracklist è capace di regalare molti minuti di intrattenimento, ma il pur godibile lavoro non riesce mai a elevarsi oltre una condizione di abbondante sufficienza, soprattutto a causa di melodie scarsamente incisive. Sin dal singolo "Running Back" si nota un'opacità nell'intensità della proposta, nonostante la doppia cassa a elicottero, vocalizzi altisonanti e assoli funambolici come la vecchia scuola insegna. La successiva "Shout" e "Can't Take It" continuano con il riproporre gli stilemi classici del metallo anni '80, con le caratteristiche che gli stessi Accept contribuirono a creare, purtroppo senza lo stesso tenore nel songwriting. "No Tears In Heaven" vorrebbe portare avanti la traduzione di "Hell Patrol" di Prestiana memoria, mentre "License To Kill" ricorda alcuni momenti alla Dio nei dischi post "The Last In Line". "Stone Cold" si differenzia invece dal resto del lotto grazie a una interessante commistione sonora delle caratteristiche delle band storiche, e "Dead Or Alive" si presenta come un mid tempo roccioso che richiama alla memoria gli Iced Earth.

 

Purtroppo parte della limitatezza del disco è intrinseca a un genere, quello dell'heavy classico, che per dare ancora certe emozioni deve più di ogni altro (per ragioni di datazione, schemi stilistici e fattore di innovazione pari a 0) essere suonato, scritto e prodotto ai massimi livelli, possibilmente calando il tutto in una "ambientazione" di qualche tipo come le tematiche futuristiche del primo Blaze solista, le reminiscenze medievali di Bruce Dickinson o i personaggi simil-fumettistici proposti dai Judas Priest nei loro lavori. L'album è invece sprovvisto di una calibrazione concettuale tale da dargli una personalità ben definita e da renderlo distinguibile, configurando quindi "The Devil Rides Out" come il classico dischetto che qualsiasi band potrebbe dare alle stampe.

 

La sensazione di limitatezza affligge anche la produzione, che non conferisce il giusto sound a un disco già di per sé non originalissimo, decretando un globale affossamento dell'efficacia dell'intento del chitarrista tedesco. La batteria è sterile e monotona, la chitarre ritmiche sembrano prive della giusta definizione e le vocals appaiono trattate con poca attenzione, seppur in generale il risultato si mantenga sulla decenza. Quello che stupisce è sapere che il mixing e il mastering sono stati affidati a Charlie Bauerfeind (Saxon, Blind Guardian, Primal Fear), e ciò avrebbe dovuto produrre tutt'altro risultato, ma evidentemente il produttore si è trovato di fronte a registrazioni grezze meno che ottimali, inficiando così totalmente il potenziale del lavoro.

 

In conclusione, il nuovo album di Herman Frank rimane consigliato a chi non si è mai davvero rassegnato alla fine degli anni '80 e a chi mal digerisce le forme più nuove della musica dura per antonomasia. Rimane invece al contrario un ascolto assolutamente marginale per chi oltre alla forma cerca la vera sostanza, indipendentemente dalla forma e dallo stile in cui viene presentata.





01.Running Back
02.Shout
03.Can't Take It
04.No Tears In Heaven
05.Ballhog Zone
06.Run Boy Run
07.Thunder Of Madness
08.License To Kill
09.Stone Cold
10.Dead Or Alive
11.Run For Cover
12.I Want It All
Bonustrack
13.You Don't Know

Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool