The Dillinger Escape Plan
Dissociation

2016, Cooking Vinyl
Math-Core

Recensione di Salvatore Dragone - Pubblicata in data: 24/10/16

"It's a long way to the top if you wanna rock'n'roll". Vent'anni di carriera sono bastati ai Dillinger Escape Plan per raggiungere la vetta di un genere musicale di cui loro stessi hanno dettato gli stilemi, diventandone in seguito riferimento indiscusso per tutti gli altri. Il 99,9% degli artisti che riescono nella difficile scalata al successo, seppur in questo caso di nicchia, non si sognerebbe minimamente di abbandonare quella vista mozzafiato raggiunta con tanta fatica. Rimane fuori quello 0,01 % che vogliamo tenere in considerazione perché esiste sempre una variabile impazzita. E quella variabile sono proprio i DEP, un gruppo che della follia ed imprevedibilità ne ha fatto il suo trademark. Uscire di scena quando si è al massimo dell'ispirazione e forma fisica è la chiave di lettura del nuovo (e ultimo, come dichiarato dagli stessi membri della band) album "Dissociation" prima dello scioglimento. Che poi al giorno d'oggi questa parola vada presa con le giuste precauzioni, visti i numerosi ripensamenti, è un altro discorso, ma prendiamo per buono quanto ci è stato detto. Rimane certo tutto il disappunto per una scelta inaspettata, soprattutto alla luce della bontà di questo lavoro: schemi e spartiti fatti a pezzi per poi ricomporli a proprio piacimento, ritmi impossibili e schizofrenici, le intuizioni alla sei corde di Ben Weinman unitamente all'istrionismo pattoniano di Greg Puciato fanno di "Dissociation" un meraviglioso testamento sonoro.

 

La partenza è subito di quelle estreme . "Limerent Death", uno dei singoli scelti per presentare il disco, si fa spesso beffa del formato canzone in un saliscendi di tempi. "Symptom Of Terminal Illness" va invece dove non te lo aspetti per essere la seconda traccia, qui sono le dolci melodie di Puciato a recitare la parte da protagonista. Episodio isolato invece quello di "Fugue" che cala il quintetto in una bizzarra avventura elettronica sperimentale. Come sempre il diktat rimane quello di prendere in contropiede l'ascoltatore, solo così si può leggere la brusca frenata con l'intermezzo jazzato nell'hardcore violentissimo di "Low Feels Blvd". L'estremizzazione continua del concetto di progressive trova una sorta di tregua armata solo nel finale con "Nothing To Forget" per poi liberare tutta la delicatezza della struggente titletrack.
Si chiude così il cerchio per quella che è stata definita la band più pericolosa del pianeta, "Dissociation" vale tutti gli applausi di un'uscita di scena in grande stile.





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