The Mars Volta
Frances The Mute

2005, Universal
Experimental Rock

La band di El Paso pubblica l'azzardo più grande e, al contempo, riuscito di tutta la sua bizzarra e unica carriera.
Recensione di Federico Barusolo - Pubblicata in data: 06/01/21

È sempre affascinante scoprire le storie che si celano dietro ai concept album. È quasi inevitabile farsi ammaliare da questi, studiarli e cercare di comprendere come ogni pezzo, ogni parte musicale, ogni frase si incastri nel complesso puzzle che rappresentano. Qui vi raccontiamo una storia che riesce a spiccare per originalità anche nell'ormai vasto universo dei concept; d'altronde stiamo parlando dei The Mars Volta, una band che di ordinario non ha mai fatto nulla. Questa storia, apparentemente e manzonianamente ispirata da un diario reperito all'interno di una vecchia automobile, non ha certo nulla a che vedere con le favole, bensì con la cruda realtà dell'universo umano. Questa storia molto probabilmente non vi piacerà, ma non potrà che farvi appassionare alle vicende della famiglia dannata attorno alla quale ruota; parliamo di "Frances The Mute".


Il primato di miglior lavoro dei The Mars Volta è da tempo conteso tra i fedelissimi della band con il precedente album di debutto "De-Loused In The Comatorium" (2003), a conferma dello straordinario impatto dei texani sul prog più estrosamente sperimentale fin dalle loro primissime pubblicazioni. Le idee per questa release nascono esclusivamente dalla testa e dalla penna del metodicissimo Omar Rodriguez-Lopez, che decide di incontrare ciascun componente della band singolarmente e provare ogni singola parte più volte, a velocità sempre crescente, in modo che ogni musicista avesse tempo e modo di digerirla e rielaborarla.


Come detto, il filo conduttore dell'album è rappresentato dalla sua particolare storia, che trapela in modo volutamente confuso dai testi dei brani, legandosi fortemente alle loro musiche e lasciando al contempo molto all'interpretazione delle molteplici sfumature di significato tra parole che, come al solito, sono espresse in molteplici lingue, vive, morte o addirittura inventate. Tale storia è resa ulteriormente efficace e coinvolgente dal metodo scelto per la narrazione; ciascun brano è infatti focalizzato su un particolare personaggio tra quelli coinvolti, formando un mosaico che prende forma nel corso dei quasi 80 minuti di musica.


"Cygnus... Vismund Cygnus". Nel titolo della opener, il personaggio ci viene presentato allo stesso celeberrimo modo in cui l'agente segreto 007 introduce se stesso, ma si tratta del protagonista della nostra storia e di tutt'altro che un eroe del cinema. Vismund Cygnus è uno spacciatore con una forte dipendenza dalla propria merce, ossessionato dalle circostanze che hanno portato al suo concepimento. Nel verso dominato dalla frenetica chitarra di Rodriguez-Lopez, il frontman Cedric Bixler-Zavala descrive in modo crudo l'assassinio della madre incinta di Vismund (Frances, una prostituta), nel momento stesso della sua nascita, per mano di un uomo di chiesa, che forse è il suo stesso padre. Il verso è spigoloso e non immediatamente coinvolgente, il pathos è accresciuto dall'alternanza con il ritornello in lingua spagnola, sempre efficacissimo nel gettare le pennellate più drammatiche alla narrazione; pensate a come suonano le parole "sangre", "cuerpos", "sufrir" e la stessa frase "de rabia nací" ("nacqui dalla rabbia", riferito proprio alla nascita del protagonista), pronunciate dalla voce tutt'altro che angelica del vocalist. Si tratta di un fattore comune in tutta la discografia dei Mars Volta, la passione e l'intensità espresse dalla lingua ispanica che si abbina immediatamente ai colori sempre accesi delle copertine degli album. Come succede spesso nelle tracce di questo lavoro, l'attenzione dell'ascoltatore viene pian piano stimolata attraverso due elementi chiave, basso e batteria, sempre in prima linea a guidare i momenti cruciali del disco, come il climax che converge nel verso "I count the days to find...".

 

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"The Widow". Diversamente da prima, il personaggio di questo brano non è esattamente ben delineato. Parrebbe parlare di una prostituta, la cui vita e la perdita delle persone più care, a causa della droga dalla quale essa stessa è dipendente, l'hanno spinta a vivere nel timore di Dio; potrebbe trattarsi della stessa Frances, o di una sorta di suo fantasma. Al contrario di "Cygnus... Vismund Cygnus", abbiamo qui un brano molto più pop, che dimostra la totale devozione della band a una delle proprie principali ispirazioni, i Led Zeppelin, ma nasconde comunque perle come il contributo alla tromba di Flea (grande amico e collaboratore della band di El Paso). Non si può dire altrettanto friendly la seconda metà del brano, con un lungo outro di organo intarsiato di variazioni elettroniche.


"L'Via L'Viaquez". In questa traccia troviamo i The Mars Volta nella loro essenza più pura. Si parla ora di Elvia, sorella di Frances, fuggita per la vergogna dalle vicende famigliari che hanno visto quest'ultima assassinata in una vicenda talmente "impura" e il nipote conseguentemente cresciuto nel mito della droga e dello spaccio. Il cantato è in gran parte in spagnolo e la musica è una continua alternanza surreale tra un corposo ruvido e sempre fortemente zeppeliano riff di Rodriguez-Lopez, e i tocchi di pianoforte di una lenta salsa, occasionalmente sporcata da stacchi e assoli dello stesso chitarrista, come in una grezza e dannata versione di Carlos Santana. Una traccia splendida ed emblematica dell'album, proprio perché non di immediata comprensione, ma che sa ancora regalare nuove sensazioni anche dopo mille ascolti.


"Miranda, That Ghost Just Isn't Holy Anymore" fa ripiombare musicalmente il disco nelle atmosfere inquiete e drammatiche che gli si addicono. Il corno e le trombe sono stavolta dilatati a comporre un lento e angosciante tessuto su cui si fa strada il cantato, stavolta prevalentemente in falsetto, di un Bixler-Zavala qui più sinistramente delicato. Notare come ancora una volta la batteria, adesso più sporca e "interiore", intervenga d'impeto a liberare l'intensità del brano, evidenziando i versi "and when Miranda sang/everyone turned away/used to the noose they obey". Miranda è la madre di Frances, che trovandosi lasciata completamente sola dal mondo sembra perdere totalmente la sua fede.


"Cassandra Gemini" chiude il disco con 32 minuti di musica che sono un vero e proprio rompicapo, nei suoni e nei testi. Un rompicapo che può necessitare di tempo per essere digerito, specie perché arriva dopo oltre 40 minuti di riproduzione dell'album, ma che contiene forse il massimo valore espresso dalla discografia dei Mars Volta. La conclusione della storia è espressa in modo talmente astratto e allegorico da lasciare spazio a numerosissime sfumature e varianti. Tutto sembra nascere da un viaggio che Vismund avrebbe in preda agli effetti degli acidi, dove la visione del protagonista è, come nel resto della sua vita, totalmente ciecata nel tentativo di trovare un modo per vendicare la madre. La lunga suite è caratterizzata da diversi momenti mind-blowing, come il fantastico lavoro di rullante su "No there's no light/in the darkest of your furthest reaches" nel primo movimento. I testi paiono far riferimento a un terribile atto finale, che il nostro antieroe starebbe per commettere in preda alla sua follia vendicativa. Tale atto sarebbe proprio descritto in un altro momento di picco della traccia, mentre la voce rabbiosa del frontman scandisce il verso "25 wives in the lake tonight", in riferimento ad un vero e proprio sterminio di donne, annegate un lago.


La chiusura è quindi un saliscendi di emozioni, di citazioni e figure retoriche che rendono praticamente impossibile distinguere ciò che è reale da ciò che è fittizio. Cassandra stessa pare essere un personaggio esistente solo nella mente di Vismund, così come si arriva a mettere in dubbio la veridicità della storia in tutta la sua totalità, che viene percepita infine come una creazione della mente malata del protagonista, fin dalle vicende legate alla morte della madre. L'album chiude infine con un richiamo ai primissimi versi dell'incipit, lasciando così un senso di ciclicità degli eventi.


Riguardo la forza delle immagini e la crudezza dei contenuti di "Frances The Mute" vi avevamo avvisati fin da subito. Ciò che resta ora, se non ne avete mai avuto l'occasione, è di provare ad immergersi nell'universo di elementi e suggestioni di un album più unico che raro, frutto della mente geniale di Omar Rodriguez-Lopez, ma impreziosito dal contributo di una moltitudine di musicisti eccelsi. Sicuramente non un ascolto per tutti, che sa però sostenersi anche attraverso periodiche parentesi più orecchiabili e coinvolgenti, in pieno stile Mars Volta. Un ascolto però, che una volta incamerato e compreso, non potrà che sviluppare una sorta di dipendenza da questa musica, che viene prontamente soddisfatta da nuovi dettagli, nuove sensazioni, nuovi suoni e anche rumori, ogni volta che verrà spinto nuovamente il tasto play.





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