The Murder Of My Sweet
Beth Out of Hell

2015, Frontiers Records
Rock/Symphonic Metal

Recensione di Alessio Sagheddu - Pubblicata in data: 11/09/15

Dall’affascinante Stoccolma, rientrano in pista i svedesi The Murder of My Sweet, capitanati come sempre dal deus ex machina Daniel Flores e naturalmente la sua musa Angelica Rylin. Li avevamo lasciati, annaspando disperatamente per non annegare con il precedente “Bye Bye Lullaby” e li ritroviamo ben più forti (ed ispirati?) con questo nuovo "Beth Out of Hell".

 

 

Non servono ulteriori dettagli per arrivare alla conclusione che questo nuovo arrivato racchiuda una vena “oscura” e “pesante”, rispetto ai suoi predecessori. Lo stesso artwork, lo stesso titolo portano infatti a pensare che la band stavolta abbia voluto osare, forse levarsi quel velo “angelico” (facile gioco di parole con il nome della singer, eh?) che fino a questo momento ha caratterizzato tutte le uscite del combo svedese. Difatti, una volta che ci si ritrova avvolti nell’ascolto dell’album, qualcosa sembra aver preso veramente il sopravvento su quella delicatezza accennata poc'anzi. Non fraintendete, non sarà certo "Beth Out of Hell" a snaturare la band che conoscete. Tutte le peculiarità mostrate fino ad ora vengono riproposte così come anche quella vaga vena teatrale che porta alcuni brani ad includere vere e proprie parti recitate; c’è comunque da dire che qui l’originalità è lontana. Se è di “cinematic metal” che vogliamo parlare, allora i The Murder of My Sweet hanno nuovamente tutte le carte in tavola per reggere l’“etichetta” che si sono attribuiti. Rispetto al debutto “Divanity” però, sembra quasi che le atmosfere sonore siano state appesantite fin troppo, lo stesso difetto che porta alcuni brani a perdere la retta via. Quello stesso singolone di lancio -parliamo di “Bleed Me Dry”- sfigurerebbe quest’oggi, soprattutto se accostato ad alcune maniacali (ed inutili) sovrastrutture sinfoniche che risultano fuori posto (“The Awakening”); alcune volte sembra quasi che la voce della carismatica Angelica Rylin debba lottare per riprendere il suo posto di prima donna. Lo stesso posto che poi riesce a ripristinare con brani come “Requiem For A Ghost” (che nei suoi 9 minuti risulta invece più che godibile), “Euthanasia” o nella orchestralmente sinistra “Means To An End”. Sul finale ci si rende conto che "Beth Out of Hell", riesce comunque a farsi ascoltare, essendo stato salvato all’ultimo minuto da una serie di ottimi episodi che, inesorabilmente, vanno a sanare alcune piccole cadute di stile.





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