C'era una volta un terzetto d'amici, tutti grandi sognatori e appassionati di blues, country e rock'n'roll. Così descritto potrebbe sembrare l'incipit di un romanzo beat, e invece no, è il prologo al viaggio che ha portato il chitarrista Sterling Ball, il batterista John Ferraro e il tastierista Jim Cox a imbracciare gli strumenti per dedicarsi alla più grande passione in comune: la musica. Quella scanzonata, quella esaltante, quella verace e sanguigna che scorre all'interno delle vene di chi la vive nel quotidiano e di essa si nutre.
Con il passare del tempo, il feeling tra i tre è andato consolidandosi sempre più e di conseguenza, inevitambilmente, la necessità di dare concretezza, attraverso un progetto serio e ambizioso, al desiderio di incidere musica originale, frutto esclusivamente del loro talento. Per passione, certamente, ma anche per mettersi alla prova e, chissà, togliersi qualche sassolino dalle scarpe. Dopo quarant'anni e tanta esperienza accumulata in vari settori artistici, ecco che vede la luce l'omonimo "The Mutual Admiration Society", album in cui i tre compagni sono affiancati da artisti di straordinario spessore come Steve Vai, John Petrucci, Steve Morse, Albert Lee, Steve Lukather e Jay Graydon. Talento ne abbiamo? Avrete già capito che le tredici tracce che compongono l'album sono prevalentemente un concentrato di tecnica chitarristica in cui non vi è un vero e proprio protagonista o un musicista che spicchi sul resto dei partecipanti. "The Mutual Admiration Society" fa dell'omogeneità e della consistenza le armi principali. Alcuni pezzi inevitabilmente si fanno apprezzare più degli altri, come "Cryin'Time" in cui troviamo un fantastico Albert Lee o "Chickin'Up On My Brain". Divertente la cover di "I Want You Back" dei Jackson 5 e "Disney Medley Lookin'" dove John Petrucci si diverte e fa divertire l'ascoltatore.
Sin da primo ascolto, risulta palese che il superfluo o l'eccessivo viene lasciato fuori di proposito a vantaggio di un sound più snello e fruibile anche da chi non è un chitarrista. Perché, diciamoci la verità, da artisti come quelli sopra citati sarebbe lecito attendersi assoli lunghissimi e virtuosismi atti a rivendicare la propria competenza dietro lo strumento. E invece no, questo full-length è perfettamente in grado di appassionare una vasta tipologia di ascoltatori, dal più pignolo dei musicisti al neofita del genere.