The Pineapple Thief
Dissolution

2018, Kscope
Progressive Rock

La band inglese capitanata da Bruce Soord riesce nell'intento di perfezionarsi ancora una volta.
Recensione di Federico Barusolo - Pubblicata in data: 28/08/18

Quando giungi al dodicesimo album su quasi un ventennio di attività come band, non è sempre facile portare in studio qualcosa che suoni ancora fresco ed accattivante. Per i The Pineapple Thief, inoltre, la sfida è resa ancora più ardua dalla maestosità di "Your Wilderness", che nel 2016 ha fatto toccare a Bruce Soord e compagni quello che a detta di molti è stato il punto più alto in carriera. Eppure, i britannici del prog sembrano, da questo punto di vista, aver trovato la fonte dell'eterna giovinezza e conservarne ben stretti i segreti album dopo album, nessuna eccezione per il nuovissimo "Dissolution".

 

La prima impressione della release è tutta per titolo e copertina, spiragli verso un contenuto tematico che riporta sul piatto il rapporto tra social network e alienazione, la falsità dei collegamenti di cui ci serviamo tutti i giorni per sentirci più attaccati al mondo. Nulla di mai sentito per la verità, ma di sicuro l'intento è ben supportato anche musicalmente da un album che conserva il mood oscuro, marchio di fabbrica della band. Così dall'inquieta intro di piano e voce di "Not Naming Any Name", intraprendiamo un viaggio costellato di brani diretti e ben strutturati, che mantengono l'identità progressive dei Pineapple Thief mentre esplorano i contenuti più cupi del pensiero di Soord, sui quali nemmeno "Shed A Light" riesce realmente a diffondere un po' di luce.

 

Certo, una scelta chiave nel rinnovamento dei TPT è stata senz'altro l'ormai definitiva conferma di Gavin Harrison (King Crimson ed ex Porcupine Tree) come membro stabile del gruppo. Per la prima volta, infatti, il batterista ha potuto mettere a disposizione il proprio vastissimo bagaglio tecnico a supporto del frontman fin dalla fase di scrittura dei pezzi. Il risultato è palpabile e meraviglioso, e di sicuro non ce ne potrà volere la band se, ora più che mai, sottolineamo la forte influenza dei Porcupine Tree. Il cantato wilsoniano nei versi di "Try As I Might" e "Uncovering Your Tracks" trova la consacrazione nel ritornello accattivante di "All That You've Got", mentre il perfetto esempio per quanto riguarda la sezione ritmica e dato da "White Mist", perla di caratura assoluta per gli amanti della batteria prog, che sembrerebbe estratta da un masterpiece come "Fear Of A Blank Planet".

 

Ecco che, pur mantenendo un corpo rigorosamente acustico anche nei brani più energici, "Dissolution" aggiunge energia al soundscape onirico di "Your Wilderness", con solidi riff ben supportati dal basso di Jon Sykes e da assoli folgoranti come in "Shed A Light", più che degna conclusione del disco. Elementi di collegamento con l'antecedente album sono comunque ben presenti e trovano la loro massima incarnazione in un pezzo come "Threatening War".

 

Difficile dire, tuttavia, se la band abbia superato il proprio precedente picco. Di certo i Pineapple Thief sono andati ancora una volta oltre. Vuoi per l'apporto di Harrison, essenziale per consentire anche a tutti gli altri membri di alzare l'asticella dal punto di vista tecnico, vuoi per un sound che, pur rimanendo così riconoscibile - ok, magari a tratti anche un filo ripetitivo - trova sempre nuovi percorsi e nuovi modi per essere valorizzato al meglio, "Dissolution" rappresenta un altro grande pezzo della discografia. Un album molto diretto e al contempo molto valido dal punto di vista tecnico, che propone anche una nuova manciata di brani dalla promettente appetibilità live.





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