A partire dal loro album d'esordio, "Age Of Winters", i The Sword hanno progressivamente alleggerito il sound e, mentre in passato erano evidenti anche richiami al metal più estremo di stampo thash "made in Bay Area", con il tempo hanno adottato riff di matrice blues (ricordandoci che dopotutto sono una band stoner), a volte riuscendo molto bene, a volte non mantenendo appieno la promessa, come accaduto con lo scialbo e povero di idee "Apocryphon", lavoro che precede il nuovo "High Country".
Ed è proprio con queste premesse e fissato questo contesto che va analizzato l'album, a partire dall'artwork molto "indie" (Tumblr?) che è come un avvertimento lasciato dalla band all'ascoltatore: non troveremo "cattiveria" al suo interno, ma sicuramente molto Rock. In "High Country" infatti troviamo sonorità molto orecchiabili, con ben quindici tracce che scorrono veloci e si lasciano ascoltare piacevolmente. Il sound, la cui matrice può essere collocata intorno agli anni '70, attinge molto dagli Zeppelin e sforna ritmi blues e hard rock (come in "Mist & Shadow", che presenta addirittura un interessante intro country), con insolite quanto inaspettate parti di pura psichedelia che donano freschezza, spezzando il ritmo e coinvolgendo l'ascoltatore. Troviamo dunque chitarre in primissimo piano, che eseguono una gran quantità di riff che vanno a costituire la colonna portante dei brani, supportate da un drumming efficace e compatto, con parti elettroniche a condire il tutto.
La novità di questo "High Country" è infatti proprio una componente elettronica molto marcata in alcuni brani, "Agartha" su tutti, dove sfruttando i pad elettronici e la drum machine i texani mostrano un indubbio coraggio, dando prova concreta a chi ascolta di non essere magicamente tornato nel passato, ma di ascoltare un disco che è del 2015, e che dopotutto è anche abbastanza attuale. Perché, va detto, l'errore in cui incappano molte band stoner è quello di copiare troppo guardando al passato, citando il passato ma anche autocitandosi a vicenda, in un'accozzaglia di materiale sterile ed inutile, troppo simile all'interno delle varie (troppe) band del genere, in un mercato musicale che non fa sconti a nessuno.
I The Sword compiono un ritorno ai "bei tempi che furono" lasciandosi alle spalle il doom e l'heavy metal, sulla scia di quanto già fatto dai Rival Sons e ponendosi forse in guerra aperta con i Royal Blood, attuali padroni del campo. Gli Sword non saranno mai innovatori e "High Country" non sarà neanche il loro migliore album: privo di particolari picchi creativi, va preso così come è ma a grandi dosi, perché si fa ascoltare con piacere e può dare tanto, basta sfruttarlo saggiamente. Magari in macchina, a tutto volume, mentre si sfreccia "on the road" su una qualche highway in giro per il "great country".