"Auto Reconnaissance" apre con "Life On Hold", un brano che a dirla tutta sembra uscire da una nostalgica realtà melodic rock nord europea, che propone delle complesse strutture ritmiche che da sempre sono nelle corde dei The Tangent e fa sfoggio, anche e soprattutto, di un imponente tappeto di tastiere, che mantiene sempre vivo il rimando agli ELP, mostrando anche una certa intraprendenza di Tillison nell'andare ad integrare influenze funk che non sono proprio all'ordine del giorno. Ritroviamo invece in "Jinxed In Jersey" quegli elementi che ci avevano maggiormente convinto in "Proxy" e, soprattutto, "The Slow Rust Of Forgotten Machinery". Si tratta di un lunghissimo brano che veste di ritmiche e tastiere più tipicamente jazz un cantato narrativo per lunghi tratti zappiano, che ci accompagna attraverso svolte che vanno dal metal all'elettronica, senza mai suonare stantio.
C'è spazio per altre più brevi e dirette parentesi, come "The Tower Of Babel", ma la seconda parte del disco è cannibalizzata da una lunga suite di quasi 30 minuti, dal titolo "Lie Back & Think Of England". Si tratta di uno di quei brani da cui ci si aspetta la maggiore variabilità a livello di songwriting e di idee, ma al contrario di "Jinxed In Jersey", scorre per lo più lenta e mogia, al di là di qualche accelerata che non riesce comunque ad emozionare più di tanto.
Concludendo, "Auto Reconnaissance" non è certo un album senza qualità o idee, ma sembra quasi mancare - al contrario dei suoi diretti predecessori - di un filo conduttore che raccolga l'universo di influenze e concetti infilati nel calderone da Andy Tillison. Un calderone che vede alternarsi momenti quasi addirittura scontati per una band come i The Tangent, a capitoli decisamente troppo lunghi e sconclusionati.