“Collegium” è il disco d'esordio del collettivo The Fawn, side-project con membri di The Ocean, Coilguns e altre band della scena postcore centroeuropea: molti di voi potrebbero aver già cambiato canale, aspettandosi l'ennesima band che ricalca le sonorità dei gruppi di origine, con qualche vago spunto interessante ma parecchie possibilità di monotonia. E se vi dicessi che quest'album non c'entra nulla con il mondo post-metal-hc? I The Fawn infatti propongono un delicato connubio di sfumature pop e folk, con vaghi accenni sperimentali, centrato quasi completamente sul binomio più semplice dell'universo musicale, cioè chitarra (classica e acustica) e voce.
Qualora voleste un appiglio per capire la proposta del collettivo svizzero, pensate ai Radiohead di “Kid A” e “Amnesiac” suonati solo con una sei corde, e cantati in maniera decisamente più soft. Ma anche un paragone del genere, per quanto disturbi uno dei mostri sacri (o forse IL mostro sacro..) del mondo alternative rock, non basta a comprendere i The Fawn. Pensate solo che “Collegium” è stato registrato all'interno della chiesa di Saint Imier, per via del riverbero naturale che l'ambiente è in grado di regalare. Ne escono risaltati gli echi delle sezioni di archi, che intervengono in maniera discreta e arricchiscono il sound della band, così come la batteria, presente ad esempio in “Queen of rain” (forse il brano che più giustifica il paragone “scomodo” di qualche riga sopra).
Melodia e delicatezza sono le chiavi per accedere al cuore del disco. La chitarra non si lancia in chissà quali virtuosismi, ma accompagna la voce con accordi e arpeggi mai invasivi; dall'altra parte il suo compagno di viaggio, il cantato, affronta la prova con una morbidezza rara, apprezzabile solo in generi che si distaccano un po' dal mondo mainstream. Se “Asylum” è la classica prova del nove di quanto scritto, la successiva “Good friends” si situa tranquillamente sul podio dei brani più riusciti, anche sul piano del testo. Forse l'unico difetto di “Collegium” è una leggera tendenza all'appiattimento, visto che i pezzi non si distanziano molto tra di loro e neanche dopo molti ascolti si riesce a distinguere qualche momento dall'altro. D'altra parte questo può essere visto anche come un segnale di coerenza, come se un'anima invisibile attraversasse ogni composizione e costituisse un legame indissolubile, che implica l'ascolto completo del lavoro dei The Fawn (che non sono certo un gruppo da singolo radiofonico).
Un viaggio, un'esperienza musicale e culturale per capire le radici di quanto è “popolare” nella Svizzera, un accompagnamento leggero per un giro notturno in auto: un disco che, più semplicemente, emoziona. Non è questo che deve fare, in fondo, la musica?
The Fawn
Collegium
2013, Hummus Records
Folk/Pop
01.The arche
02.Paper cuts
03.Two lines
04.Queen of rain
05.Asylum
06.Good friends
07.Nocturne
08.Summerbreeze
09.Dive