The Icarus Line
Slave Vows

2013, Agitated Records
Post Hardcore

Recensione di Francesco De Sandre - Pubblicata in data: 04/10/13

Stridulanti e fastidiosi, con la precisa intenzione di esserlo: il quinto album di studio dei “The Icarus Line” è una lotta intestina tra mediocrità e lampi di genio, in un territorio oscuro, freddo come un deserto di rocce e allo stesso tempo tetro, ma attrattivo come la penombra di un bosco alla fine dell’estate. In un contesto buio a sprazzi illuminato da figure fluorescenti, le sorprese emergono improvvisamente. Una di queste risiede anche nelle viscere dell’artwork: c’è Iggy Pop all’interno della custodia di “Slave Vows”, fotografato ad inizio carriera in una delle sue classiche pose live da iguana: forse l’omaggio gratuito al padre del Punk Rock è un voluto auspicio, una sorta di talismano portafortuna, oppure un riferimento alle origini musicali del quartetto di Los Angeles?

 

La struttura e la linea del Punk sono lo sfondo sincero in cui si inseriscono i riverberi e gli effetti delle chitarre. Tutto il resto è un disordinato sovrapporsi di elementi graffianti, che contribuiscono alla formazione immaginaria di scenari desolanti, ma mai troppo angoscianti. Come le due figure radioattive in copertina, il disco accoglie la lotta tra due diverse tipologie di brani, miscelati gli uni con gli altri in modo regolare: quelli più orecchiabili e melodici come “Don’t Let Me Save Your Soul”, “City Job” o “Dead Body” e quelli laceranti come “Marathon Man” o l’introduttiva “Dark Circles”. Questa contrapposizione sonora è la chiave dell’intero disco, in cui due sistemi esistenziali sono equidistanti dalla “Line” che li divide.

 

Al minuto 7,30 della stessa “Dark Circles” si ode la prima, strisciante voce di Joe Cardamone, a cui vanno dei meritati complimenti, in quanto riesce splendidamente ad adattarsi ad ogni parete melodica solcata dai volumi dei colleghi Alvin DeGuzman, Ben Hallett e Lance Arnao, divenendo attore musicale nella sua stessa opera, con lo sporadico ausilio di semplici filtri acustici. Sarà lui stesso il Dr. Jekyll e il Mr. Hyde, il protagonista, assieme alle corde distorte sino alla deformazione esistenziale, della doppia identità del disco, che racchiude molti spunti tenuti uniti dai brandelli della lotta tra istigazione sonora e rabbia distruttiva. Ma se per tentare di accogliere o comprendere la provocazione è necessario abbassare il volume delle cuffie, la missione fallisce inesorabilmente. E il dubbio più atroce emerge silenzioso: sarà forse questo il vero intento della band? O forse solo un aspetto volutamente espresso nelle canzoni più estenuanti?

 

La doppia faccia dei “The Icarus Line” rimane doppia fino alla fine: “Slave Vows”, osannato dalla critica Alternative ed Hardcore come uno dei migliori dischi del decennio, si rivela un disco scialbo se inserito in un generico emisfero Rock, un disco divino se invece rimane saldamente vincolato alle radici del Post-Hardcore.





01. Dark Circles
02. Don't Let Me Save Your Soul
03. Marathon Man
04. Dead Body
05. No Money Music
06. City Job
07. Laying Down For The Man
08. Rats Ass

Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool