Trivium
The Sin And The Sentence

2017, Roadrunner Records
Heavy / Thrash metal

Recensione di Federico Falcone - Pubblicata in data: 13/10/17

Con diciotto anni di carriera alle spalle e sette album sul groppone, gli statunitensi Trivium fanno il loro comeback sul mercato discografico con "The Sin And The Sentence". Prodotto da Josh Wilbur (Lamb Of God, Gojira) presso gli Hybrid Studios in California, la nuova fatica in studio della band guidata da Matt Heafy va a rinsaldare il legame con la Roadrunner Records che, dopo un paio di album sottotono, non sembrava più essere così scontato.

 

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Il gruppo, infatti, fin dal suo esordio, è stato oggetto di enormi pressioni da parte dei media che lo etichettavano come il "futuro dell'heavy/thrash metal". "Ember To Inferno", debut album del 2003, era interessante e di buona qualità anche se, tutto sommato, ancora acerbo. Il successo vero ma, soprattutto, meritato, i Trivium lo raggiunsero con l'accoppiata "Ascendancy" e "The Crusade", consolidando la fan base e guadagnando migliaia di affezionati in giro per il mondo. Sfortunatamente, però, le aspettative non sono state rispettate a pieno e i lavori successivi non solo non hanno mantenuto le attese ma hanno gettato più ombre che luci sulla band. Questo nuovo "The Sin And The Sentence", dunque, offre un'importante chiave di lettura che non può essere ignorata: i Trivium sono tornati ai loro massimi livelli, oppure no? E qui la risposta non è scontata. Per giudicare questo Full Length occorre partire dalle certezze. E ve ne sono. Le trame compositive sono accattivanti e ben amalgamate nella costruzione dei singoli pezzi, anche se in alcuni passaggi sono piuttosto banali e prevedibili. Il lavoro alla sei corde di Heafy e Beaulieu è notevole, sia con riferimento ai singoli riff che nelle armonizzazioni e nei passaggi strumentali. Ognuna delle undici tracce ha spunti piacevoli e fraseggi che richiamano il trademark del gruppo e questo non potrà che piacere ai fan di vecchia data. I migliori episodi dell'album sono certamente la title track "Other Words" e "Endless Night", pezzi ben riusciti e di indubbia qualità. Le certezze, però, finiscono qui per lasciare alle ombre del passato che, ormai, sembrano essere parte integrante della formazione a stelle e strisce. Il lavoro di Paolo Gregoletto al basso e Alex Bent alla batteria è accademico e non aggiunge né toglie nulla alla dinamica dei pezzi, essendo ben in grado di supportarli senza, però, mai dare un vero e proprio contributo. Lo stesso Heafy dà l'impressione di voler giocare sul sicuro tracciando linee vocali efficaci ma totalmente prive di originalità e, quindi, decisamente scolastiche. "The Sin And The Sentence", inoltre, soffre la mancanza di una hit di livello destinata a far parlare di sé a lungo, come in passato accadde per "Anthem - We Are The Fire" o "Insurrection", giusto per fare degli esempi.

 

Cosa ci lascia, dunque, questo disco? Poco, pochissimo, a dire il vero. Al di là di qualche spunto interessante e qualche melodia ben riuscita (ma anche ruffiana), non c'è niente di realmente originale o veramente personale. E' tutto abbastanza derivativo o già sentito. L'impressione è quella di trovarsi di fronte a una band con il freno a mano tirato, intimorita dall'azzardare o dal cercare nuove soluzioni per concentrarsi sul recuperare quelle certezze che sembrano svanite. "The Sin And The Sentence" merita una chance, quindi vi invitiamo a ascoltarlo con attenzione e senza pregiudizi ma, al momento, i Trivium sono un grande punto interrogativo.





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