The Sleeping Tree
Painless

2014, La Tempesta International
Folk

Recensione di Nicolò Rizzo - Pubblicata in data: 12/03/14

Comincio brutalmente: dare un giudizio su "Painless" è stato un parto dolorosissimo.


Non conoscendo assolutamente nulla sul conto di The Sleeping Tree, ho proceduto con un primo ascolto a scatola chiusa, senza pregiudizi di alcun tipo, e devo dire che il primo impatto è stato ottimo, o almeno molto positivo. Riascoltandolo, però, mi sono accorto che qualcosa non andava: la melodia dei brani si perdeva troppo presto in un nulla di fatto, senza lasciarti nelle orecchie nulla che valesse la pena di essere riascoltato. C'era qualcosa che non funzionava insomma, ma non riuscivo bene a capire cosa. Poi mi sono documentato, e ho capito dove sta il problema: The Sleeping Tree è italiano.

 

Non fraintendetemi: quando c'è da difendere qualche bella pagina della musica italiana, sono uno che si schiera sempre in prima linea. Il fatto è che qui non si parla si musica italiana, ma di un italiano che fa musica altrui. E sapete meglio di me il talento che noi italiani abbiamo nel rovinare i modelli esteri. Pseudonimo di Giulio Frausin, The Sleeping Tree è un progetto solista del bassista dei Mellow Mood (gruppo per cui nutro invece il massimo rispetto), che con "Painless" vuole staccarsi dalle ritmiche raggae della band di Pordenone, con lo scopo di creare qualcosa di più intimo e minimal, intento nel quale, effettivamente, è riuscito alla grande. E' un disco in cui la chitarra acustica la fa da padrone, con arpeggi partoriti da un impeccabile finger-style che diventa eco di un'illustre tradizione americana, che va da Elliot Smith (a cui rende omaggio con un'interessante cover di "Going Nowhere") a un più moderno John Mayer, passando dalle atmosfere alla "Into The Wild" di Eddie Vedder. Tutti buoni propositi, sia chiaro, che però non bastano a sostenere l'ossatura di un buon disco. Le melodie, come ad esempio in "Jah Take My Soul" e "Sorcerer", perdono troppo presto la loro efficacia iniziale, finendo per ripetersi in un inesauribile loop di cinque o sei minuti che non fa altro che dare l'impressione che, in fin dei conti, il tutto serva solo a dare al disco una lunghezza che superi i venti minuti. "Painless" è uno di quei dischi che ti fanno alzare i pugni al cielo (siamo poetici, non facciamoci cacciare dal Grande Fratello), chiedendo "Perché?": perché, anche partendo da ottimi spunti, si finisce sempre per realizzare qualcosa che, sotto sotto, non è né carne né pesce? Semplice: perché non sono cose che ci appartengono. Per spiegarmi meglio, è come se The Sleeping Tree tentasse di raggiungere un mustang (tanto per rimanere in ambito americano) a cavallo di un asino. Un asino che potrà anche essere bello, per carità, magari se lo vedi gli dai anche una carota, però... non sarà mai un mustang. La stessa cosa vale per "Painless". Lo dimostra il fatto che l'unico episodio veramente riuscito del disco è "Going Nowhere", che, guarda caso, è una cover. E quando l'unico tuo lavoro davvero interessante non è davvero tuo, bisogna iniziare a farsi delle domande.

 

Un album dalle ottime premesse, che però non ingrana la marcia, rimanendo impantanato in un loop di noia e nostalgia che, ahimé, non fa altro che deludere. Sebbene, come ho detto a inizio recensione, questo sia un album molto intimo e minimalista, The Sleeping Tree, come si dice dalle mie parti, ha cagato fuori dal "bulacco" (secchio, sacco, come volete voi), cercando di far suo un genere che, purtroppo, si è rivelato più grande di lui.





01. Jah Takes My Soul
02. Heart As A Ghost
03. Going Nowhere
04. Sweets Of Helsinki
05. Little Too Often
06. Southern Hills
07. Sorcerer
08. Ulysses' Disciple
09. Wings
10. His Father
11. Writing Back Home
12. Jah Guide

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