Non impegnatevi a cercare il nome Thine sulla rete, il risultato è un bel niente. Pare incredibile, ma la memoria storica del terzo millennio fa fatica a superare gli anni Novanta almeno in questo caso. E’ proprio in quel periodo che la misteriosa band inglese inizia a muovere i primi passi, e non impiega molto a farsi conoscere, grazie anche al debut “A Town Like This”; sarà tuttavia col successivo “In Therapy” (2002) che il nome inizierà a girare con una certa insistenza. Da lì l’oblio, dodici anni di silenzio totale interrotto dalla pubblicazione di questo “Dead City Blueprint”. Più che una carriera in sordina, una trama oscura degna del miglior romanzo gotico. Eppure dietro questo alone di mistero, appare chiaro da subito su quali coordinate si muova la band: un gothic rock di stampo tragico, malinconico che strizza l’occhio ai Katatonia, agli Anathema di “Alternative 4” e in generale al rock alternativo.
Il vigore che sale dai solchi di “Dead City Blueprint” potrebbe essere anche motivo di un certo interesse, vuoi per le chitarre, vuoi perché incentrato su ritmi sostenuti che non si lasciano sopraffare dalla malinconia, ma al di là di questo, i motivi di interesse si potrebbero contare sulle dita di una mano. Non possiamo certo rimarcare il platter per l’originalità, men che meno per la qualità delle canzoni che alla fine non va mai oltre una abbondante sufficienza. Alla fine una certa ispirazione emerge, ma niente che possa giustificare un interesse smisurato dopo un lustro di silenzio, né tantomeno gridare al miracolo. Avanti il prossimo.
Il vigore che sale dai solchi di “Dead City Blueprint” potrebbe essere anche motivo di un certo interesse, vuoi per le chitarre, vuoi perché incentrato su ritmi sostenuti che non si lasciano sopraffare dalla malinconia, ma al di là di questo, i motivi di interesse si potrebbero contare sulle dita di una mano. Non possiamo certo rimarcare il platter per l’originalità, men che meno per la qualità delle canzoni che alla fine non va mai oltre una abbondante sufficienza. Alla fine una certa ispirazione emerge, ma niente che possa giustificare un interesse smisurato dopo un lustro di silenzio, né tantomeno gridare al miracolo. Avanti il prossimo.