Cinque anni sono tanti, soprattutto per una band prolifica come i Thrice. Lo spazio temporale trascorso da "Major/Minor" all'ultimissimo "To Be Everywhere Is To Be Nowhere" non poteva non avere delle conseguenze dirette sulla scrittura del quartetto californiano che in realtà era già decisamente mutata con le ultime due release. La componente hardcore degli esordi sembra essersi sopita sotto un sound diventato ora epico e prevalentemente malinconico che si manifesta sin dall'apertura delegata ad "Hurricane", canzone struggente dall'incipit simil Pixies in cui viene fuori tutta la bellezza della voce di Dustin Kensrue. Seppur la ricerca melodica rimanga uno dei tratti più riconoscibili della band, questo cambio di rotta adottato dai Thrice potrebbe disorientare qualche fan della prima ora laddove non c'è quasi più traccia di canzoni dai ritmi sostenuti se non nel singolo "Blood on the sand". Nonostante ciò parliamo di un disco dalla qualità compositiva piuttosto alta soprattutto per la capacità della band di creare continui climax emotivi frutto di arrangiamenti studiati minuziosamente laddove ogni pezzo del puzzle è al proprio posto. "Wake up" è forse la dimostrazione migliore data "sul campo" in questo senso insieme a "The long defeat", ma basta anche il minuto della strumentale "Seneca" per rendersene conto.
Così come in apertura, è ancora la malinconia a chiudere il cerchio con "Salt and shadow" tra voci filtrate e chitarre delicate prima di riprendere tema di Hurricane al pianoforte.
Così come in apertura, è ancora la malinconia a chiudere il cerchio con "Salt and shadow" tra voci filtrate e chitarre delicate prima di riprendere tema di Hurricane al pianoforte.