A proposito di Tom Petty, qualche giorno fa un amico mi raccontava che "due anni fa sono andato a vederlo al Lucca Summer Festival. Tanto per non andarci da solo, mi sono portato dietro mio fratello, anche se avevo un po' paura perché lui è un tipo dai gusti musicali molto selettivi: solo Springsteen o amici di Springsteen. Prima del concerto non aveva mai sentito nulla di Tom Petty. Ora ha tutta la discografia: lo adora".
Già, perché parliamoci chiaro: uno che fa un video dove ruba il cadavere di Kim Basinger da un obitorio per portarsela a casa e vestirla da sposa non può che essere adorato (video di "Mary Jane's Last Dance"). Stralunato, autoironico, camaleontico: Tom Petty è una realtà musicale difficile da incasellare, troppo hard per il rock e troppo soft per il punk, una vera e propria pagina di storia con qualche piega qua e là di cui di certo non si imbarazza, perché il mondo dello spettacolo va preso per quello che é: un gioco. E a Petty, indubbiamente, giocare piace parecchio,sia sul fronte dell'immagine personale, che non manca di affogare di continuo nell'autoparodia, sia sul lato musicale, dove ama contaminare i propri suoni con le esperienze più svariate, passando dal blues all'alternative, senza preoccuparsi troppo dell'opinione del pubblico.
Dopo quattro anni da "Mojo", Petty torna alla carica con i suoi Heartbreakers per un nuovo lavoro che, in realtà, di nuovo ha ben poco, ma attenzione: la mia è tutt'altro che una critica.
"Hypnotic Eye" è un disco che affonda le sue radici alle origini della carriera del cantautore americano, ritrovando le stesse sonorità rock che hanno reso celebri i primi singoli "Breakdown" e "American Girl", accantonando le atmosfere rock blues di "Mojo", che sono comunque presenti in pezzi come "Power Drunk" e "Burnt Out Town".
L'apertura del disco è affidata a "American Dream Plan B", un bel pezzo hard rock che non fatico ad immaginare interpretato da Brian Johnson e compagni australiani, contraddistinto da un riff potente e da un ritornello che rimane impresso già ad un primo ascolto, che si conclude dopo nemmeno tre minuti: la durata perfetta per un singolo. A dimostrare quanto che questo non è un disco degli Ac/Dc ci pensa subito "Fault Lines", un pezzo che sembra riportarci in un vecchio poliziesco all'italiana, dove tutto ruota intorno ad un impeccabile giro di basso che viene presto accompagnato da chitarra, tastiera e armonica. Il successivo "Red River" è uno dei classici pezzi alla Tom Petty, dove il riff di chitarra iniziale si alterna indeciso alle sonorità di una ballad, per poi incastrarsi in un ritornello che sembra di essere scritto da secoli: dopo quarantacinque anni di onorata carriera, uscire con un pezzo del genere non è un'impresa da poco.
Ma le novità del disco non sono certo finite qua: dopo la rilassante "Full Grown Boy", ogni pezzo si dimostra un vero e proprio piccolo gioiellino, passando da "Forgotten Man" (sembra impossibile che un pezzo del genere non fosse già stato scritto) e "U Get Me High", un altro classicone pettiniano, che si avvolge su un lento giro di basso cadenzato da una chitarra distorta, fino ad arrivare ad un ritornello che non ha nulla da invidiare ai grandi successi del passato.
Insomma, "Hypnotic Eye" è un disco indubbiamente interessante, difficilmente classificabile sotto un'etichetta di genere, che dimostra come Tom Petty sia ancora in grado dei pezzi che non hanno nulla da invidiare ad una raccolta di singoli. Se è vero che non c'è un pezzo destinato a diventare la prossima "Free Fallin", è anche vero che non c'è nessun brano che meriti di essere messo nel dimenticatoio, facendo di "Hypnotic Eye" un'esperienza totale ed indivisibile. Così come l'età ha risparmiato il suo talento musicale, speriamo che abbia preservato anche il suo spirito ironico: in questa terra di nessuno, c'è sempre bisogno di un cappellaio matto come Tom Petty.