Sembrerebbero allettanti i presupposti che hanno portato all'ideazione e all'incisione dell'opera prima dei Town Of Saints: una genesi tortuosa e itinerante, con i due membri principali della band, lui olandese lei finlandese, incontratisi casualmente nel mezzo di peregrinazioni da artisti di strada, e arrivati al contratto con la Snowstar Records dopo mesi e mesi di gavetta e ottime performance nei più importanti indie festival della scena centreuropea.
"Tutto molto bello", direbbero illustri vati dell'eloquenza italiana. Tuttavia, l'interessante multinazionalità che dovrebbe stare alla base del processo creativo traspare ben poco dalle tracce di "Something To Fight With". Gli undici brani della tracklist, infatti, paiono piuttosto essere frutto di uno studio abbastanza superficiale dei tanti nomi nuovi che, nell'ultimo paio d'anni, hanno fatto risuonare di allegro indie folk le radio su tutte le auto e gli spot su tutte le emittenti. La voce di Harmen Ridderbros si unisce così a quella di Heta Salkolahti in cori che tentano ad essere armoniosi e coinvolgenti come i Lumineers insegnano, ma che, tolti i toccanti singhiozzi di "Direction" o l'intimità di "Going Back In Time", vedono la voce di lei castigata in impersonali ruoli di contrappunto, e quella maschile finire fin troppo spesso in timbriche sgradevolmente stridule. La situazione non migliora sul versante strumentale: dall'opener "Stand Up", praticamente su ogni traccia una batteria martellante e violini tarantolati saltelleranno continuamente verso prevedibili crescendo che, privi dell'indispensabile fattore sorpresa, diventeranno scontate e irritanti costanti.
Solo "Dress Up Night", guidata da violini liberatisi dell'eccessiva schizofrenia del resto della scaletta, suggerisce con le sue azzeccate intuizioni melodiche qualche punto d'inizio da sviluppare, da cui poter ripartire. Per il resto, una fastidiosissima attitudine al pestaggio (che richiama la continua ricerca del botto a metà canzone delle composizioni inutilmente pompose dei Local Natives) fa suonare i Town Of Saints come una sorta di Of Monsters And Men sotto cura intensiva di steroidi, autori di un folk pop che nel tentativo di essere esaltante finisce per sembrare soltanto immotivatamente esaltato.