Tricky
False Idols

2013, False Idols/!K7 Records
Trip-Hop

Recensione di Alessio Sagheddu - Pubblicata in data: 31/05/13

Quanto è “selvatico”, musicalmente parlando, il buon Tricky? Sia che gli si faccia dei complimenti o delle critiche, risulta sempre difficile identificare il suo vero habitat, intento com'è a cercare una dimensione espressiva tutta sua. Una cosa è certa: il trip-hop, il genere musicale al quale il Nostro viene comunemente accostato, non è uno di quegli ambienti che accetta lavori sottotono o poco ispirati ed i paragoni (incresciosi) coi mostri sacri Portishead e Massive Attack sono sempre dietro l’angolo. Adrian Thaws, dal canto suo, sembra essersi difeso abbastanza bene durante tutti questi anni, anche dopo aver affrontato cadute sperimentali non proprio trascurabili. Questo “False Idols”, per evitare le critiche da parte dei puristi, si allontana dall'osticità di quelle stesse sperimentazioni e recupera con fare orgoglioso i beat di scuola bristoliana, i synth, i fraseggi e le linee vocali femminili (oggi affidate alla bravissima cantante Francesca Belmonte, portatrice di eleganza e dolcezza). L'album vorrebbe tanto suonare come una dedica a chi ha amato brani del calibro di “Moody” o “Love Cats” (entrambi sul brillante e sincero “Vulnerable”), segnando allo stesso tempo un ritorno trionfale nell’universo trip-hop. Ma i problemi non mancano...
 
Innanzitutto le persone che non te la mandano a dire non stanno mai particolarmente simpatiche alle masse, anche perché a volte l’indole del destinatario è quella di non voler conoscere un'altra verità rispetto alla propria. Il background che si svela a noi durante l’ascolto di questo album, del resto, non è affatto soft, viste le dichiarazioni in merito al concept e i commenti sui vari Obama, Lennon e Marley che hanno anticipato la pubblicazione. Anche il messaggio dietro al titolo è piuttosto palese: il Nostro critica la falsità di quei cantanti o personaggi musicali che accumulano popolarità grazie anche ai fan che sembrano non accorgersi della vera natura dei propri idoli. Eccesso di superbia?
 
Ma passiamo alla musica. Già dalla prima “Somebody’s Sin” (sorta di metamorfosi electro della “Gloria” di Patti Smith) si percepisce l'oscurità che regna sovrana nel corso delle quindici tracce. È necessario dire che la vera punta di diamante del lavoro è la perfomance visceralmente passionale della nostra Francesca Belmonte, che con le sue sole forze regge brani come l’intima “Does It” o “Tribal Drums”. Degna di nota anche la collaborazione con il polistrumentista Peter Silberman, che interviene su "Parenthesis" con un synth oscuro – seppur poco memorabile – che esplode in un’evoluzione elettronica sul ritornello. Ospitate a parte, il disco scorre via leggero sul piatto e le sensazioni che raccogliamo durante l'ascolto risultano abbastanza positive.
 
Eppure, poiché questo è stato acclamato come il “grande ritorno” dell'artista, è doveroso chiedersi: la musica contenuta in “False Idols” giustifica tali entusiasmi? È questa la conferma definitiva di un talento così spesso messo in discussione? La risposta è semplice. “False Idols”, a nostro avviso, è un buon album. È anche un lavoro che ha cercato in tutti i modi di star dietro ai tempi che corrono (le linee vocali della Belmonte in alcuni casi riportano senza troppi giri di parole a quelle dell'amata-odiata Lana Del Rey), ma in fin dei conti non possiede i requisiti necessari per essere tramandato ai posteri.



01. Somebody’s Sins
02. Nothing Matters
03. Valentine
04. Bonnie & Clyde
05. Parenthesis
06. Nothing’s Changed
07. If Only I Knew
08. Is That Your Life
09. Tribal Drums
10. We Don’t Die
11. Chinese Interlude
12. Does It
13. I’m Ready
14. Hey Love
15. Passion Of The Christ

Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool