Triptykon
Melana Chasmata

2014, Century Media
Doom

Recensione di Stefano Risso - Pubblicata in data: 12/04/14

A quattro anni dal mastodontico debutto “Eparistera Daimones”, i Triptykon di Tom G Warrior, al secolo Thomas Gabriel Fischer, remergono dalle tenebre con un nuovo full-length, intitolato “Melana Chasmata”, tradotto (approssimativamente) dal greco, “oscure vallate”.

Con tutto questo pedigree, monicker, copertina (sempre ad opera di “Mr Alien” H.R. Giger), significato del titolo, il disco non poteva che assestarsi su coordinate incredibilmente oscure, condotto prevalentemente su ritmi lenti, angoscianti, così densi da non far trapelare il minimo raggio di sole. Se il feeling principale di “Eparistera Daimones” era certamente rabbia, filtrata e declinata sempre secondo i dettami del musicista svizzero, in “Melana Chasmata” è la depressione ad avviluppare l’intera durata, un profondo senso di assoluta desolazione e tristezza. Un leitmotiv però fin troppo esasperato, a nostro giudizio, tanto da aver influito troppo sui contenuti, sulla scrittura dei brani e sulla seguente fruizione da parte dell’ascoltatore.

Un album che presenta chiari riferimenti col passato recente e remoto di Fisher, echi di Celtic Frost e del precedente Triptykon sono facilmente rintracciabili (e come poteva essere altrimenti), ma anche elementi di “originalità” che ben definiscono questa ora abbondante, come se questo “Melana Chasmata” fosse stato il vero debutto per la band, ricordando infatti che il materiale del primo full era destinato ai Celtic Frost, sfociato nei Tryptikon solo dopo un finale burrascoso dovuto a dissidi interni alla formazione capace di rivoluzionare il metal estremo con “To Mega Therion” e “Into the Pandemonium”. Ma in fin dei conti come è questo “Melana Chasmata”?

Il responso è lapidario: buono, niente più. Un prodotto che non può competere con le ultime pubblicazioni del buon Tom G Warrior. Il motivo è probabilmente da ricercarsi nella volontà di porre l’accento sul feeling oltremodo oscuro del disco, con una spiccata ricerca melodica (questo il carattere distintivo del disco), molto elegante e profonda, risultando in tracce vagamente troppo omogenee, in cui l’anima doom prevale di molto sulle sferzate thrash/black. Il che non sarebbe necessariamente una discriminante, se non fosse per un risultato emozionalmente inferiore rispetto alle attese. Senza troppi giri di parole, meno ispirazione. Aggiungiamoci poi il “concept” volutamente oscuro, con l’abbondare di compassati riffoni granitici e passaggi gotici, e il risultato è presto ottenuto. Un album meno curato anche sul lato prettamente compositivo, con tracce mediamente più corte che, nonostante quanto detto, non riescono a evocare l’atmosfera necessaria, prendiamo ad esempio le due opener: la vecchia “Goetia” impiegava oltre due minuti per poi “iniziare sul serio” (un tempo assolutamente necessario ai fini del brano), la nuova "Tree of Suffocating Souls" parte subito in quarta senza un minimo di “preparazione”.

Un giudizio forse troppo negativo per questo “Melana Chasmata”, ma quando si è abituati a dischi come “Monotheist” e “Eparistera Daimones” è dura accettare un’uscita “normale”, sì appassionante e soddisfacente, ma solo normale. Rimangono estratti come “Aurorae”, ad esempio, ad allietarci sulla maestria di G Warrior e compagni (stessa ottima squadra di sempre), ma troppo poco per chi si aspettava un altro capolavoro, l’ennesimo, partorito dalla mente geniale Thomas Gabriel Fischer. Beninteso, sempre meglio della spazzatura metal a cui siamo ormai abituati e assuefatti, ma questo era quasi inutile sottolinearlo.



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