Van Canto
Trust In Rust

2018, Napalm Records
Heavy Metal

Recensione di Giovanni Ausoni - Pubblicata in data: 03/08/18

Con il termine a cappella generalmente si designa lo stile delle opere religiose musicali polifoniche senza accompagnamento strumentale, caratteristico delle composizioni di numerosi contrappuntisti del Rinascimento: tuttavia si tratta di una definizione piuttosto limitata e relativa alle origini di questa particolare tipologia di manifestazione sonora, in quanto ne hanno usufruito, nel corso del tempo, svariati generi, dai canti popolari alla produzione madrigalistica, dal jazz al pop. Con l'album "A Storm To Come" (2006) il gruppo tedesco dei Van Canto trapiantò l'heavy/power nella forma espressiva dell'assoluto dominio vocale, non rinunciando però alla batteria e a sporadiche incursioni del basso e del pianoforte. "Voices Of Fire" due anni fa segnò, in termini di scrittura, l'apice del combo, abile nell'addentrarsi con successo nei territori della metal opera; il nuovo lavoro "Trust In Rust", pur spassoso, mostra i naturali limiti evolutivi di una proposta che, a lungo andare, inevitabilmente finisce per risultare identica a se stessa. E se rimanere ancorati a un sound conosciuto a menadito potrebbe apparire una scelta ammirevole, sorge però qualche dubbio sull'effettiva opportunità del conservatorismo usurante: il rischio concreto di assistere a una proliferazione di duplicati che, al di là dell'ottima fattura tecnica, non si spingano oltre l'abituale intrecciarsi di rakkatakka e ridondanze varie, lascia dubbiosi circa il futuro qualitativo della band.

 
In ogni caso il platter consta, a suo modo, di un discreto mix tra inni trascinanti, pezzi dalla cadenza sostenuta e ballad elegiache; inoltre i teutonici tengono fede alla tradizione di adornare la scaletta degli inediti con cover di brani celebri della scena metallica, come accadde in passato con eccellenti versioni di "Fear Of The Dark" e "Master Of Puppets". La brillante interpretazione, con Inga Scharf sugli scudi, di una storica cavalcata quale "Ride The Sky" degli Helloween e il singolare recupero della cult song "Hell's Bells" degli AC/DC costituiscono i momenti più felici dell'LP: mentre la prima si fregia dell'ospite di grido Kai Hansen, la cui presenza invero non risulta così percepibile e, in definitiva, pleonastica, la seconda mostra la buona tenuta delle corde dell'ultimo arrivato Hagen Hirschmann, capace di avvicinarsi ai medesimi acuti del miglior Brian Johnson. Il resto del lotto viaggia sui consueti binari cari agli alemanni: dall'enfasi gonfia e audace di "Back In The Lead", alla perfetta armonizzazione dei cori e al pathos crescente di "Javelin", dall'allure epica della title track, all'equilibrio di potenza e velocità di "Melody", il tutto intrattiene senza provocare troppi sobbalzi. Laddove "Neverland" rallenta il ritmo e "Desert Snake" ringhia con piglio energico, il dandandan di "Darkest Days" e una "Infinity" dal morbido taglio anthemico si candidano al titolo di appuntamenti imprescindibili nelle prossime esibizioni dal vivo: chiude la soffice "Heading Home", opima di angelici sussurri collettivi che delicatamente si intersecano all'alternanza melliflua dei due singer solisti.

 
Dopo l'ambizioso concept della precedente release, i Van Canto riallacciano i fili con la propria classica discografia: scelta di retroguardia obbligata, che rende "Trust In Rust" un opus sicuramente ben confezionato, ma davvero latore di poche sorprese. Cosa augurarsi dunque per il futuro? Non vogliamo di certo che i nostri depongano le armi, anzi la speranza è che le arricchiscano imbracciando le chitarre: la soluzione ideale per arrestare un graduale e inevitabile declino.





01. Back In The Lead
02. Javelin
03. Trust In Rust
04. Ride The Sky (feat. Kai Hansen)
05. Melody
06. Neverland
07. Desert Snake
08. Darkest Days
09. Infinity
10. Hells Bells
11. Heading Home

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