U2
Songs Of Innocence

2014, Island Records
Pop Rock

Non chiamatelo immenso capolavoro, ma non chiamatelo nemmeno immenso flop. Forse.
Recensione di Andrea Mariano - Pubblicata in data: 13/09/14

Songs Of Innocence” è un album che si è fatto attendere molto, che nel corso del tempo, tra annunci, proclami, disdette e rinvii ha anche messo a dura prova i nervi del più pacato amante della musica. Con una mossa a sorpresa, lo scorso 9 settembre, Apple e U2 hanno giocato d’astuzia, lanciando lo stesso giorno, alla stessa ora, per la medesima occasione, i loro nuovi prodotti, facendo scattare nella testa dei più il gioco del “chi realmente sta promuovendo chi”, che nei più maligni si tramuta in “chi sta cercando di coprire il flop di chi”.

Tralasciando il mondo tecnologico che non ci compete minimamente, concentriamoci su Bono Vox e soci: sarà “Songs Of Innocence” un disco degno della migliore discografia della band irlandese, o sarà un ennesimo buco nell’acqua che verrà presto dimenticato, se non addirittura disconosciuto?

Da un punto di vista delle tematiche, siamo dinanzi a veri e propri spaccati in cui possiamo assaporare il passato dei quattro irlandesi, con storie che ricalcano i ricordi giovanili dei Nostri: i primi passi di Bono nel cantare (“Miracle (Of Joey Ramone)”), il primo viaggio a Los Angeles (“California”, con tanto di omaggio ai Beach Boys), i turbolenti e sanguinosi episodi che hanno costellato la loro infanzia ed adolescenza (“Cedarwood Road”, “Rised By Wolved”)... La qualità di scrittura è di certo molto buona, ed è stata un’ottima idea quella di riservare parte del booklet alle parole di Bono che racconta nel dettaglio fatti ed aneddoti che hanno ispirato i brani dell’album.

A livello musicale, possiamo dire che c’è un ritorno, o meglio, un richiamo evidente al sound degli U2 più classici e più amati dal pubblico, il tutto diluito in una produzione meticolosa, pulita e levigata al punto giusto, evitando comunque l’effetto eccessivamente bombastico e finto comune a molte produzioni recenti. È anche vero, però, che “The Miracle (Of Joey Ramone)”, primo singolo dell’album nonché opener dello stesso, più che bella, musicalmente è molto ruffiana: si sposa perfettamente (e quasi esclusivamente) per le performance live, con cori a profusione pronti per esser cantati a squarciagola assieme al pubblico, ma nulla che faccia gridare al miracolo (scusate il gioco di parole); stessa cosa dicasi per “California”, con l’aggravante di decollare solo dopo la seconda metà di canzone, mentre “Every Breaking Wave” è la classica, solita ballata che gli U2 ci rifilano ad ogni disco da almeno 25 anni.

L’impatto iniziale non è per nulla rassicurante, ma a salvare baracca e burattini (e telefonini) ci pensa la seconda metà del disco: “Iris” è molto coinvolgente, e sembra un brano scritto in collaborazione con i Coldplay (non leggetelo come una frecciata, tutt’altro),  “Volcano” non sarà estasiante, ma ha la capacità di farsi ascoltare senza esser impazienti di premere il tasto “skip”, la doppietta “Raised By Wolves” e “Cerarwood Road” è insindacabilmente il momento migliore di tutto l’album, e “Sleep Like A Baby Tonight” ha un’atmosfera onirica ammaliante, parzialmente rovinata dagli acuti sottili, striduli ed inutili di Bono. Veramente ben riuscita, infine, “This Is Where You Can Reach Me Now” (omaggio a Joe Strummer), un po’ meno “Trouble”, che comunque non dispiace come chiusura del disco.

Aspettavate un capolavoro? Siete stati molto ottimisti, perfino utopistici. Aspettavate un completo disastro? Se vi fermate alla prima metà di “Songs Of Innocence”, forse avrete del materiale per cui non a torto potrete lamentarvi. La verità è che questo ritorno degli U2 non è di certo un fuoco d’artificio che lascia a bocca aperta, quanto piuttosto un buffet, con qualcosa fuori posto ma che tutto sommato si può gustare, a patto che le aspettative e le pretese non siano inutilmente alte.

Bentornati Bono, Edge, Adam e Larry. Non lamentatevi, però, se la stragrande maggioranza del vostro pubblico continuerà a chiedervi i grandi classici.



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