Un riff prepotente disegnato da una distorsione, grezza ma definita, che sovrasta le urla di una folla in adorazione ammaliata dal pezzo di storia apparso davanti ai propri occhi. Una voce decisa e graffiante, sprigionata in tutta la sua imponenza dall’energico vichingo Nathan James. Suoni ricchi e corposi cresciuti a dismisura da quel 1978 quando tutto iniziò, in quella stessa Nakano Sun Plaza Hall. Erano altri tempi e un’altra band; ma quell’ometto con la lunga chioma bionda osservava la chitarra sul palco nello stesso identico modo assorto, dimentico del resto del mondo.
Quarant’anni dopo quel 1978 in cui gli Scorpions registrarono “Tokio Tapes”, Uli Jon Roth trascina con sé le stesse canzoni, ricreando le stesse sensazioni che, spesso, raggiungono lo stesso pubblico. La prima domanda che ci si potrebbe porre è: ma era proprio necessario? Sì, lo era. Come lo storico chitarrista ha dichiarato nell’ultima intervista rilasciata a SpazioRock, forse il mondo oggi ha bisogno di una musica schietta che trascina chi l’ascolta indietro nel tempo. La sensazione che lascia in bocca “Tokio Tapes Revisited – Live In Japan” è tutt’altro che quell’amaro retrogusto causato da un’opera goffamente nostalgica: essa è lo specchio dell’essenza di un chitarrista immenso che si offre al pubblico con lo stesso identico stile rispetto a quarant’anni fa.
La tracklist, rispetto all’originale, non presenta molte sorprese. Da segnalare un’incredibile versione live di “Polar Nights”, aperta dalla tipica introduzione virtuosa di Ulrich: un assolo che traccia un crescendo di ritmo e volume, prima di sfociare nell’inconfondibile forsennato riff. Una delle sorprese per i fan appassionati è sicuramente “Sails Of Charon”. Oltre alla presenza in scaletta, dí per sé una novità rispetto al “Tokio Tapes” originario, colpiscono gli ammalianti cori e gli elementi orchestrali che esaltano l’imponenza della voce. Particolarissimo è l’intermezzo strumentale che vede come primo protagonista il basso, mentre la presenza dell’ex chitarrista degli Scorpions si fa prima lieve e discreta, per poi diventare protagonista in un intreccio di note che disegnano un motivo orientaleggiante. La recensione potrebbe fermarsi qui, appena dopo le ultime note dell’incredibile intermezzo strumentale che si tuffa senza schizzi in un riff spumeggiante e voluminoso, e spazza via ogni possibile scettico pregiudizio nei confronti di “Tokio Tapes Revisited – Live In Japan”.
Sarebbe tuttavia un peccato non nominare perle provenienti dagli early days degli Scorpions quali “Fly To The Rainbow”, “We’ll Burn The Sky” e “In Trance” arricchite con elementi che, anche per l’eterno “Uli Jon Roth”, possono definirsi innovativi. “Little Wing” di Jimi Hendrix chiude una playlist che riassume quarant’anni di storia fuori dagli schemi, e ha il sapore di un tête-à-tête personale e discreto con il quale Uli sembra dire al suo chitarrista preferito “Grazie dell’ispirazione, amico: questo colosso è anche merito tuo”.