Uli Jon Roth
Scorpions Revisited

2015, UDR Music
Hard Rock

L'ex Scorpions dimostra come il passato possa ancora splendere d'una nuova ed abbagliante luce.
Recensione di Andrea Mariano - Pubblicata in data: 19/02/15

Uli Jon Roth ha sempre rivendicato un ruolo di rilievo nella prima fase degli Scorpions, e a ragione. Dalla sua chitarra sono scaturite alcune delle opere più elaborate e particolari della band tedesca, ed oggi, con “Scorpions Revisited”, si riappropria di quelle composizioni cui il guitar hero è particolarmente legato.

Nell’attuare una simile operazione (tu chiamala, se vuoi, nostalgia) il Nostro non ha lasciato nulla fuori: diciannove brani son troppi per un CD? Allora ecco un album doppio, che problema c’è? Roth non è famoso per scendere a compromessi, e se quelle diciannove canzoni avevano incontrato il suo amore e nuova ispirazione più delle altre, tutte e diciannove dovevano trovare a tutti costi posto in quest’album, e tanto è stato.

In 105 minuti di musica d’altissimo livello ci accorgiamo immediatamente di quanto le composizioni dei primi Scorpions abbiano ancora tanto da dire, e che il guitar hero è riuscito a svecchiare pesantemente il sound originale donandogli nuova e poderosa linfa vitale, senza per questo rinunciare ad una buona dose di narcisismo chitarristico che era ovvio trovare; ne abbiamo un esempio lampante sin dalla opener “The Sails Of Charon”, la quale dagli originari quattro minuti e mezzo è arrivata a sfiorare i 9 minuti, tutti infarciti di scale arabesche ed assoli manieristici che però non appesantiscono minimamente la canzone, ma anzi le donano un’epicità ancor maggiore. Più che una rivisitazione completa della struttura degli arrangiamenti, si deve parlare di un grande lavoro di cesello dove incastonare nuovi fraseggi da una parte, più incisività ritmica dall’altra e linee vocali che ricalchino sì quelle originali, ma che al contempo donino ancor più prestanza al tutto.

A tal proposito, parte merito della riuscita dell’operazione nostalgia/svecchiamento/autocelebrazione è da ricercare proprio nella eccezionale performance del cantante Nathan James: note così alte non si sentivano nemmeno ai tempi d’oro del buon Klaus Meine.

Composizioni che hanno quarant’anni ma che non li dimostrano affatto. Reinterpretare senza dover ricalcare come se si stesse realizzando una copia-carbone dell’originale: operazioni del genere hanno davvero senso se realizzate con lo spirito che ha guidato Uli Jon Roth per questo “Scorpions Revisited”, altrimenti si sfocia nel ridicolo, nel peggiore degli strafalcioni, in cui si cerca di essere a tutti i costi qualcosa che non si è più (qualcuno, di recente, purtroppo non l’ha capito).

Centocinque minuti di celebrazione del passato celebrando sé stessi, ciò che si è diventati anche grazie a quel periodo ora tanto lontano. Celebrare il proprio passato col gusto del presente. Ed un po’ di autocelebrazione questa volta non guasta, anzi, guai se non ci fosse stata.



CD 1:

01. The Sails Of Charon
02. Longing For Fire
03. Crying Days
04. Virgin Killer
05. In Trance
06. Sun In My Hand
07. Yellow Raven
08. Polar Nights
09. Dark Lady


CD 2:

01. Catch Your Train
02. Evening Wind
03. All Night Long
04. We’ll Burn In The Sky
05. Pictured Life
06. Hell Cat
07. Life’s Like A River
08. Drifting Sun
09. Rainbow Dream Prelude
10. Fly To The Rainbow

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